Cirò non è un comune mafioso, storica sentenza Tar Otto Torri

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ROSSANO (CS)  –  Non ci sono dubbi sull’onestà e sulla trasparenza, così come sulle qualità e capacità dimostrate negli anni  dal Sindaco di Cirò Mario CARUSO e dalla sua squadra amministrativa. Nella storia di questa regione, per la prima volta, grazie alle intuizioni, all’impegno ed alla passione che hanno accompagnato le numerose iniziative culturali e di qualità messe in campo dall’Amministrazione Comunale negli ultimi anni, Cirò era riuscita con orgoglio a scrollarsi di dosso un’immagine negativa pre-confenzionata e pregiudiziale che, offuscando soprattutto la millenaria tradizione enologica, ha danneggiato la stessa immagine della regione. Oggi Cirò ritorna ad essere Città di Luigi LILIO, l’inventore indiscusso del calendario mondiale contemporaneo e patria del vino calabrese. A fare i complimenti, augurare buon lavoro e ad esprimere viva soddisfazione per una notizia che restituisce dignità non soltanto a Mario CARUSO ed a tutto il consiglio comunale di Cirò ma all’intera Calabria onesta e intelligente è l’associazione europea “Otto Torri sullo Jonio” (Rossano), promotrice negli anni scorsi, insieme al dinamico Comune del crotonese e grazie alla sensibilità dell’Esecutivo CARUSO, di numerose iniziative socio-culturali e identitarie, originali e di elevato livello culturale. Ed è destinata a diventare un precedente importante la sentenza 999 del 21 gennaio della I Sezione del TAR Lazio –che ha accolto il ricorso proposto dagli amministratori del Comune di Cirò (il Sindaco Avv. Mario CARUSO ed altri), proposto dai patrocinanti Avvocati Antonio SENATORE e Prof. Franco Gaetano SCOCA. Tra i diversi punti salienti della sentenza (insussistenza di frequentazioni tra gli amministratori e componenti della cosca locale; insussistenza dei legami parentali con componenti della cosca mafiosa; mancata considerazione delle iniziative svolte dagli amministratori rivolte al ripristino della legalità e alla cessione a fini sociali dei beni confiscati alla mafia; insussistenza di irregolarità nell’affidamento dei contratti di appalto, come anche nella gestione del patrimonio comunale ed insussistenza di rapporti con pregiudicati) è soprattutto l’irrilevanza del contesto territoriale e storico – culturale in cui Cirò si colloca che assume, a nostro avviso, un rilievo culturale di portata storica. Il contesto territoriale – si argomenta nella sentenza – nulla dice ex se in ordine all’eventuale collegamento esistente tra gli amministratori di un determinato comune e la criminalità organizzata. Nessuna realtà locale (quale specificamente quella di Cirò, in provincia di Crotone) deve scontare in linea di principio ovvero pregiudizialmente la mera appartenenza ad un più vasto territorio ritenuto, sotto il profilo giuridico, ma anche sotto quello storico, pervasivamente interessato dalla presenza di fenomeni criminali radicati e organizzati nel territorio. Diversamente opinandosi – si prosegue – un ordinamento democratico e pluralistico, quale quello vigente, non potrebbe tollerare la stessa esistenza del considerato potere di intervento centrale, autoritativo e ab externo, sugli organi locali. Chiarito – si conclude il passaggio – che la collocazione del Comune di Cirò nel contesto territoriale descritto dalla proposta non costituisce di per sé prova né degli addebiti mossi a carico dell’amministrazione locale né dell’esistenza delle condizioni che legittimano il provvedimento di scioglimento, deve osservarsi come pure la ritenuta continuità con la precedente giunta appaia priva di un intrinseco, specifico, rilievo, atteso che la stessa non appare correlata a puntuali avvenimenti o circostanze probanti del preteso collegamento o condizionamento. – (Fonte: MONTESANTO SAS – Comunicazione & Lobbying).

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