Il panorama musicale di Cosenza è vivo e vasto perché i musicisti (o presunti tali) che cercano la fama sono tanti e ogni tipologia di ascoltatore rischia di essere accontentata. I generi proposti sono infatti molteplici: indie, alternative, country, folk, punk, rock, ska, reggae, cantautorato, pop.
Chi riscuote più consensi però sono le band ancorate alla tradizione popolare del folk e della taranta. Tra queste spiccano i Villazuk, provenienti da Casale Bruzio, formati da Domenico Scarcello, Andrea Minervini, Eugenio Ferraro e altri musicisti. Il gruppo musicale si è esibito durante il “B-Alternative live Festival”, una serata organizzata in uno dei parcheggi dell’ Università della Calabria e patrocinata dall’ assessorato alla cultura della provincia cosentina.
Prima di loro, passate le 23, il cantautore calabrese di San Lucido Federico Cimini ha intrattenuto un corposo numero di spettatori con le sue canzoni dalla melodia scanzonata e dai testi di impegno sociale non troppo cattivi. Il ragazzo dai folti capelli ricci e dalla barba incolta è poco conosciuto, nonostante da anni vaghi nel Belpaese per divulgare il suo pensiero di legalità e buona politica.
Ma il pubblico fremeva per i Villazuk che, come fanno i divi del rock di una volta, si sono fatti attendere (un po’ troppo) e hanno finito il loro concerto verso le due di notte. La band ha fin da subito saputo coinvolgere il pubblico, che per quasi due ore ha continuato ad applaudire, saltare, pogare, cantare e ballare. I ragazzi calabresi, reduci dall’ uscita dell’album “Meno male Robertino”, si sono dimostrati ancora una volta ottimi intrattenitori.
Quest’ultima qualità va loro riconosciuta. Hanno una buona padronanza scenica, un ritmo molto orecchiabile e sanno cosa vuole il pubblico calabrese. Perciò lo accontentano, riempiendolo di suoni che un po’ ammiccano alla Bandabardò e troppo rimandano alla cultura country e folkloristica. I loro testi, tra l’italiano e il dialetto calabrese, compresi i successi “A colorare libertà”, “Nun t’affissà”, sono chiari e fantasiosi e trasmettono alla gente incazzata dalla politica un consiglio: anche se tutto va male, bisogna sperare. Peccato che non specifichino in chi o in cosa.
I Villazuk sono comunque amati e non si può sostenere il contrario. Dal punto di vista musicale sono poco avvezzi alla sperimentazione. Ogni volta che tentano un’invasione in un genere diverso dalla loro formazione musicale e da tutto quello che li ha consacrati, indietreggiano dopo pochi passi ritornando nel sound più familiare. Più che esperimenti, i loro sono deboli abbozzi.
“Nun c’affissiamo” però sui discorsi melodici e tecnici. Nella società dello spettacolo, dove il tempo per ragionare viene impoverito, è anche (e non solo) importante divertirsi, sudare, creare idoli da non poter mai criticare e tornare a casa contenti. I Villazuk riescono a riempire le piazze e a soddisfare il loro pubblico, chapeau !