Reggio Calabria – Polsi, piccola frazione del comune di San Luca, immersa nel cuore dell’Aspromonte con il suo antico santuario, è una località famosa oltre i confini nazionali. Purtroppo tale clamore è spesso derivato da faccende totalmente avulse al misticismo di questi luoghi, al pathos e alla devozione che sviluppano le folle di fedeli che accorrono qui ogni anno o all’affascinante storia di questo antico e raccolto luogo di culto mariano.
Chi dice Polsi spesso ricorda le faide tra le famiglie malavitose delle zone limitrofe, i summit della ‘ndrangheta che qui si terrebbero in gran segreto, la ‘consacrazione’da parte di varie magistrature di questo territorio a covo delle cosche, che attenderebbero proprio i giorni di intensi festeggiamenti, ovvero l’1 e il 2 settembre, per riunirsi e e decidere strategie e affari.
Ma Polsi, e il santuario della “Madonna della Montagna” , significano qualcosa di profondamente diverso e importante. Significano devozione, tradizione, affetti, ricordi e suggestione. Significano emozioni, calore ed energia: un’energia intensa che si avverte già varcando l’ingresso del santuario attraversando la navata, e che culmina in un senso di pace e tranquillità, giunti al cospetto della maestosa effige in tufo della Vergine Maria.
Suggestione poi, nel guardarsi intorno e scorgere le centinaia di fedeli in raccoglimento al cospetto dell’altare, intenti ad affidare le proprie speranze e necessità proprio a quell’effige, incuranti della stanchezza che pesa sulle loro spalle, spesso dopo ore e ore di viaggio e notti insonni.o la navata, e che culmina in un senso di pace e tranquillità giunti al cospetto della maestosa effige in tufo della Vergine Maria.
Allegria, vigore e serentità, nel suono dell’organetto e del tamburello che accompagnano i giorni dei festeggiamenti fin dietro alla solenne processione; i suoni, i balli e i canti in onore della Vergine Maria della Montagna che ogni anno, dopo il lungo inverno e la coltre di neve che impedisce l’accesso al Santuario per buona parte dell’anno, rifiorisce scaldata non dal sole, ma dal calore dei fedeli che giungono in pellegrinaggio da tutto il Meridione.
E’ in questi giorni che il santuario si riappropria della sua identità, scacciando l’ombra delle immagini negative che ruotano attorno ad esso: l’1 e il 2 settembre quando a migliaia accorrono a portare un saluto alla Beata vergine ed è un turbinio di ceri e fiori profumati.
Persino chi non è credente si troverà disarmato di fronte a questo scenario; non per via dei meravigliosi scorci affacciati sullo Jonio che si osservano lungo la risalita. Perché quella presente è un’atmosfera ‘travolge’ e difficilmente si scorda, al punto di decidere di affidarvisi totalmente, in maniera tacita e silenziosa, come tacita e silenziosa è la volontà di ritornarvi.
Giovanna M. Russo