COSENZA – Difendere il valore della Costituzione italiana senza cambiarla ma semplicemente cominciando ad applicarla è questa la Via Maestra tracciata dal segretario della Fiom Maurizio Landini, dal giurista Gustavo Zagrebelsky, dalla costituzionalista Lorenza Carlassare, dal fondatore di Libera Don Luigi Ciotti e dal giurista Stefano Rodotà.
Un movimento politico, un comitato che tenta di ricostruire il tessuto sociale squarciato dal vuoto derivato dalla mancata assunzione di responsabilità da parte della politica ormai troppo instabile e ancella di un’economia e di una finanza sempre più dominante.
Il giurista e politico cosentino Stefano Rodotà ieri è tornato nella sua città, insieme ad alcune delle associazioni che hanno aderito al progetto, per spiegare le ragioni profonde che lo vedranno il 12 ottobre prossimo scendere in piazza a Roma in difesa dei principi costituzionali. Tanta la gente al Teatro dell’Acquario accorsa per sentire il verbo di Rodotà che inizia il suo discorso partendo da quelli che lui stesso ha definito dati di realtà, partecipare alla manifestazione del 12 è fondamentale spiega nella lotta per i diritti che non sono indivisibili, nella lotta per mettere il lavoro al centro di tutto, senza credere che questo sia una forzatura ideologica ma proprio perché è un dato di realtà che il lavoro oggi sia diventato l’emblema della crisi capitale, nella lotta per recuperare il coraggio perduto dalla politica, nella lotta per fare in modo che la politica assumendosi le proprie responsabilità ritorni a dire che sono i cittadini quelli che votano e non più che sia esclusivamente l’economia a contare.
La Via Maestra è un’operazione non finalizzata alla creazione dell’ennesimo partito, ci tiene a precisare il giurista, bensì alla formazione di una massa critica consapevole della necessità di difendere i principi costituzionali che sono alla base delle nostre libertà e di affermarli senza stravolgerli e per questa ragione il lavoro duro arriva dopo la giornate del 12 avverte, quando questo nuovo movimento non dovrà stancarsi di far sentire il proprio peso sulla politica.
Sul finale Rodotà invita tutti a Roma perché c’è bisogno di un gruppo compatto e partecipato, sa che Berlusconi è finito ma sa anche che c’è qualcosa di ancora più nefasto che continua a sopravvivere che è il berlusconismo che ha prodotto cittadini spettatori di orrendi talk show televisivi e partiti che somigliano sempre più a delle oligarchie. “Voglio”, termina Stefano Rodotà, “ricostruire la politica” e magari questa potrebbe essere l’occasione giusta per riuscirci.
Gaia Santolla