Un caso ogni tre giorni: così i freddi dati statistici si esprimono a proposito delle donne che nel nostro Paese sono le vittime di un reato per il quale è stato coniato il neologismo di “femminicidio”. Un numero in continuo aumento, ma forse perché solo da qualche anno si è posta maggiore attenzione alla circostanza per cui gli omicidi compiuti ai danni delle donne avvengono quasi sempre per mano di uomini, e non di uomini qualsiasi, ma da parte di mariti, di fidanzati, di compagni delle uccise, ed almeno in sette casi su dieci dopo una lunga serie di violenze già denunciate e troppo spesso sottovalutate. Maria Immacolata Rumi, morta a Reggio Calabria per le brutali percosse del marito, quelle percosse le aveva silenziosamente subite per decenni, ma solo dopo la sua morte i suoi figli lo hanno ammesso, e come loro altri parenti, conoscenti, vicini di casa, colleghi di lavoro sicuramente sapevano ed hanno taciuto, quasi che la gelosia di quell’uomo non fosse il sintomo di una patologia ma la manifestazione del “troppo amore”. E già, perché si è tentato anche di ricorrere a qualche definizione di comodo per attenuare l’estrema gravità di questi gesti, derubricandoli a “delitti passionali” o “raptus omicidi”, motivati dalla “folle gelosia” o dalla “sindrome dell’abbandono” ed altre amenità del genere, mentre persino le modalità di esecuzione di questi delitti diventano sempre più violente ed efferate: basti pensare all’utilizzo dell’acido che, se non uccide, provoca sofferenze atroci ed inaudite e danni, anche estetici, devastanti e permanenti.
Già nella passata legislatura era stata presentata una proposta di legge perché per il femminicidio le circostanze ricordate siano considerate aggravanti, così da prevedere pene più pesanti fino all’ergastolo, ma ovviamente questa “emergenza” – come viene genericamente definita dai mass media – è finita tra le altre, purtroppo numerosissime, emergenze non risolte dell’Italia e nonostante il gran parlare che se ne sta facendo rischia ancora una volta di ritrovarsi in fondo all’agenda della politica, mentre il conteggio delle vittime continua inesorabilmente ad aumentare pressoché quotidianamente.
Ed allora non dobbiamo arrenderci, ma anzi dobbiamo moltiplicare tutti i nostri sforzi perché l’intera società si interroghi sul dilagare di tale fenomeno e costringa i nostri rappresentati nelle istituzioni ad assumere le iniziative di natura legislativa più adeguate a fronteggiarlo. In tal senso la Presidente Boldrini sicuramente sta facendo la sua parte: già il 27 maggio prossimo la Camera dei Deputati, ad esempio, dovrebbe ratificare la Convenzione di Istanbul, promossa dal Consiglio d’Europa, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica.
Anche la CGIL a tutti i suoi livelli è in prima linea nel promuovere discussioni ed iniziative al riguardo. Lo abbiamo fatto naturalmente l’8 marzo e continuiamo a farlo, ad esempio, promuovendo con l’Associazione SEMINARIA e l’AUSER un incontro come quello del prossimo 22 maggio presso l’Archivio di Stato di Cosenza. Con la collaborazione dello stesso Archivio di Stato e del Centro Contro la Violenza alle Donne Roberta Lanzino, Stefano Ciccone presenterà il suo libro “Essere Maschi – Tra potere e libertà”. Ciccone, Presidente dell’Associazione nazionale “Maschile Plurale”, promotrice già nel 2006 di un appello contro la violenza sulle donne, esprime un punto di vista maschile evidentemente assai diverso da quello tradizionale, mirando a ridefinire, con coraggio e senza ambiguità, l’identità maschile in relazione al movimento delle donne ed al riconoscimento della violenza – e non solo di quella sulle donne – come una sorta di prezzo pagato dagli uomini per gestire il potere e l’ordine sociale. L’obiettivo è quello di individuare e favorire processi in grado di modificare l’attuale modalità di relazione tra i generi e porre fine, innanzitutto, alla spaventosa ferocia che li sta contraddistinguendo, facendo propria anche da parte degli uomini la straordinaria capacità di analisi e di riflessione che le donne italiane hanno mostrato negli ultimi decenni.