Il giornalista Sergio Notaro: “Punito per aver chiesto i compensi di 2 anni. La dignità non è un bene negoziabile”

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Sergio Notaro

Forse Sergio Notaro non sarà nè il primo nè l’ultimo giornalista ad essere stato ingiustamente licenziato dalla testata per la quale collaborava, dopo aver chiesto compensi, ma anche solo rimborsi arretrati pattuiti e che quindi gli spettavano. Non per questa la sua vicenda non merita rispetto e solidarietà, vicenda che lui stesso ha raccontato in una lettera pubblicata sul sito dei giornalisti della Calabria:

Sergio Notaro

“Collaboro con il suddetto giornale (Il Quotidiano della Calabria, ndr) sin dal luglio del 2010. Ho sempre svolto la mia attività con passione e dedizione, apportando un contributo sia alle pagine della cronaca di Reggio, sia a quelle dello sport regionale. Nonostante abbia ricevuto solo una piccolissima parte dei compensi (forse ha più senso chiamarli rimborsi…) pattuiti come da contratto, ho continuato a prestare la mia opera, utilizzando a mie spese auto e telefono personali.
Paradossalmente, ho dovuto far fronte, assieme agli altri colleghi collaboratori, anche all’ acquisto del giornale cartaceo, non avendo diritto neppure al download gratuito dal sito della copia digitale. Fin qui, tutte problematiche già risapute e più volte denunciate dal Sindacato Giornalisti della Calabria.
Ma l’episodio più grave e altamente inqualificabile è di questi giorni. Giunto alla determinazione di chiedere per iscritto le spettanze arretrate (ad oggi sono in credito di ben 23 mensilità su 30) attraverso l’ufficio legale del Sindacato Giornalisti della Calabria, mi sono visto – incredibilmente – interrompere la collaborazione con “Il Quotidiano” senza un giustificato motivo. Nello specifico, all’ invio di un mio articolo per la pubblicazione, ho ricevuto come risposta una mail a firma del caposervizio sport Valter Leone con la quale mi veniva comunicato, su mandato dell’amministrazione, che “la collaborazione è interrotta”.
Un benservito di basso stile che, guarda caso, giunge nel momento in cui non ho fatto altro che invocare un mio sacrosanto diritto, quello di chiedere la corresponsione dei compensi per le prestazioni effettuate. Nel contempo, ho inviato una mail all’ amministrazione della Finedit (società editrice del giornale) chiedendo di essere messo a conoscenza dei motivi che hanno portato all’ interruzione del rapporto collaborativo.
La risposta a firma del dott. Alessandro Oliva ha chiaramente eluso la mia domanda, fornendo – solo – spiegazioni di ordine procedurale. Da ciò si intuisce che alla mia legittima richiesta di pagamento degli arretrati, il giornale ha ritenuto di adottare un provvedimento “punitivo”.
E’ questa la legalità per la quale “Il Quotidiano” si batte da sempre? E’ questa l’applicazione concreta di quei valori espressi nel corso della manifestazione del 25 settembre 2010 a Reggio Calabria? Si può ritenere questo un comportamento etico?
Insomma, io non dovevo far valere i miei diritti. Dovevo subire in silenzio.
Mi fermo qui. A me non resta altro che alzare la testa. La dignità non è un bene negoziabile!”

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