Stanco delle solite serie tv? Poliziotti, scazzottate, storie d’amore, omicidi e altre situazioni di questo genere? “Sempre le solite cose!” viene da pensare. Ma, che tu sia stanco o meno, sappi che dovresti proprio dare un’occhiatina a Mr. Robot, la nuova serie targata USA Network, ideata da Sam Esmail e vincitrice di due Golden Globes.
Sin dall’episodio pilota, negli Stati Uniti ha riscosso un forte consenso di critica e di pubblico. Composta da dieci episodi, e con la seconda stagione già in produzione, è andata in onda in Italia per la prima volta lo scorso 3 marzo su Mediaset Premium. Attualmente ha come testimonial Belen, ma non farti scoraggiare da questo piccolo particolare.
Mr. Robot porta davvero una ventata d’aria fresca.
La storia ruota attorno al giovane Elliot Alderson (Rami Malek), geniale ingegnere informatico che lavora presso la Allsafe, compagnia di sicurezza informatica, e completamente chiuso nel suo mondo pieno di paranoie e allucinazioni dovute a sociofobia, depressione e dipendenza dalla morfina. Il protagonista viene avvicinato da Mr. Robot (Christian Slater), un anarchico che lo convince a far parte della “fsociety”, un gruppo di hacker che vuole liberare la popolazione mondiale dai debiti e smascherare i colpevoli che stanno distruggendo la società al fine di arricchire le proprie tasche. Convinto ad attaccare la E Corp, multinazionale responsabile della morte del padre e principale motore del debito pubblico, Elliot diventa il cervello degli attivisti.
La trama promette già molto bene e dopo aver visto i primi cinque minuti del pilot è facile lasciarsi convincere nel proseguire con la visione. L’incipit della serie è, a parere di chi scrive, uno dei migliori che sia mai stato mandato in onda: in pochi minuti viene riflessa l’immagine dell’intera società e di come essa sia soggiogata da potenze invisibili che la rendono soggetta a ogni tipo di schiavitù. Qualcuno la potrebbe considerare un’introduzione un po’ forte e troppo di impatto, ma è esattamente quello che ci voleva! Come si può da subito intuire, dunque, Mr. Robot è un thriller che ruota attorno a tematiche di natura psicologica.
Elliot, ovviamente, è uno dei personaggi più interessanti e dobbiamo anche ringraziare l’impeccabile recitazione di Rami Malek, davvero superlativa. Il protagonista si lascia spesso andare a ragionamenti interiori molto profondi che descrivono il suo vero essere, quasi come se la narrazione della storia fosse condotta in prima persona. Questo aspetto ricorda molto l’amatissima serie tv Dexter, anch’essa caratterizzata da lunghi monologhi interiori del personaggio principale. Chi ha apprezzato quest’ultima, sicuramente non può lasciarsi sfuggire Mr. Robot.
Ma torniamo ai nostri personaggi. Lo stesso livello di “disagio”, anche se in maniera diversa, lo tocca il nostro Villain Tyrell Wellick, vice presidente della E Corp. Un uomo senza scrupoli, pronto a tutto per raggiungere i suoi scopi sotto la guida dei suoi demoni interiori.
Nulla da togliere, comunque, a tutti gli altri personaggi, soprattutto a quelli che sembrano, in un primo momento, essere secondari e che poi in realtà andranno a ricoprire un ruolo ben preciso nella trama.
Quale novità porta Mr. Robot? Ciò che questo telefilm ha da offrire, e che scarseggia in tantissimi altri prodotti, è la vera e propria messa in scena dell’introspezione umana nella società moderna. Per esempio, alcune allucinazioni di Elliot, una in particolare, possono davvero considerarsi sogni su pellicola per il fatto che ci si troverà a doverle interpretare in relazione a ciò che il personaggio ha vissuto e sta vivendo. Proverai a improvvisarti Freud per una manciata di minuti, ma attenzione, la trama è un puzzle! Ogni tessera viene disposta episodio dopo episodio e perdere un solo passaggio può pregiudicare una buona visione. Quindi mi raccomando, ogni tanto togli da dosso i panni da psicologo e rimetti quelli da semplice spettatore. Può sembrare che la parte hacker del telefilm venga persa di vista, ma non è proprio così. Stai pensando che di informatica non sai niente? Beh, la serie utilizza, ovviamente, molti termini tecnici che possono mettere in difficoltà chi capisce poco di computer e di linguaggi di programmazione, ma nulla da temere, è comunque godibile senza particolari problemi.
Al limite, se proprio vuoi, basta una ricerca in rete, dato che quasi tutte le scene sono una dimostrazione a grandi linee di come si svolge il lavoro di chi si occupa della sicurezza informatica nella vita reale.
Una piccola curiosità: in italiano si perde la bellezza dei titoli originali, scritti in linguaggio leet, una forma codificata di inglese (l33t o 1337), molto attinente alla trama.
Concludo dicendovi che non mancheranno le solite situazioni sentimentali, botte e alcuni altri cliché, ma il tutto è inserito nel giusto contesto, assumendo un significato ben preciso. E’ tutto calcolato, come è giusto che sia una storia di hacker, e a ogni azione corrisponde una reazione. Non mi resta che augurarvi una buona visione!
Paolo Gabriele De Luca