Gdf sequestra 2 kg di droga nel milanese. Due calabresi in manette

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Milano, 27 feb. (askanews) - Un giro di false fatturazioni per oltre 30 milioni di euro. 120 società coinvolte nella maxi-evasione, 17 soggetti denunciati. E' questo l'esito dell'operazione "Escape" ultimata dalla Guardia di finanza di Gallarate che ha posto fine così un giro di fatture per operazioni inesistenti, pari a 13 milioni di euro in soli due anni. Le indagini sono scattate a seguito di una verifica nei confronti di un’impresa edile, che subappaltava i propri lavori "a cascata" ad altre imprese fittizie generando un "effetto domino", che ha fruttato, secondo le constatazioni della Guardia di finanza, fatture false per oltre 33.000.000 di euro, con conseguenti 3 milioni di euro di Iva recuperata e la denuncia di 11 soggetti presso diverse procure italiane per l’ipotesi di reati tributari. Di qui una attività ispettiva e di polizia tributaria, delegata dalla Procura di Milano, al termine delle quali le Fiamme Gialle hanno ricostruito il patrimonio illecitamente accumulato dai soggetti denunciati. Le indagini, anche al di fuori del territorio nazionale (Francia, Svizzera, Romania e Principato di Monaco) hanno portato alla denuncia di altre sei persone presso le procure di Milano e Busto Arsizio. E' stato inoltre eseguito un sequestro preventivo d’urgenza di una villa di lusso con rimessa auto, di un'Audi A6 e del capitale sociale di tre società, per un valore complessivo pari a 700 mila euro. Inoltre, sono state attivate le procedure per misure di prevenzione patrimoniali per il sequestro di 26 immobili di cui quattro all’estero (appartamenti di lusso sia in Italia che in Svizzera e ville con porticciolo privato annesso), tre auto, una Porsche con targa svizzera, un'Audi Q5 e una BMW Z4, 5 terreni (di cui uno in Svizzera) e quote societarie di altre sei società per un valore complessivo di oltre 5,5 milioni du euro.

MILANO – Nascondevano la cocaina in un contenitore per il trasporto di protesi di silicone per il seno otre che nel doppio fondo della loro auto. I finanzieri della compagnia di Magenta hanno sequestrato due chilogrammi di cocaina, per un valore stimato di circa 700mila euro e il veicolo, che sotto il sedile del guidatore aveva un’intercapedine creata ad hoc per il trasporto della sostanza stupefacente. I due cittadini italiani, di 24 anni e 25 anni, che erano a bordo sono stati arrestati con l’accusa di detenzione e spaccio. L’operazione ha consentito alle fiamme gialle al termine di un lungo e accurato lavoro di indagine di individuare un box che veniva utilizzato dagli arrestati per nascondere gli stupefacenti. I finanzieri, dopo aver individuato la base logistica dello spaccio, hanno quindi aspettato il momento giusto per bloccare i due giovani a bordo della loro auto. La perquisizione del garage ha portato al ritrovamento della sostanza stupefacente nascosta all’interno del cofanetto di plastica usato per le protesi al seno. I due spacciatori arrestati, originari di Reggio Calabria e vicini alle cosche di San Luca, tenevano il “campionario” della cocaina da far assaggiare a grossisti milanesi, all’interno di contenitori per le protesi al seno di silicone. Si tratta di contenitori in grado di trattenere l’odore dello stupefacente e di passare inosservati anche in caso di controlli con i cani antidroga. I due contenitori, grandi come un porta cd, sono stati trovati dalle Fiamme Gialle nel corso di una perquisizione e in entrambi c’erano tracce evidenti di cocaina. L’ipotesi è che i due trafficanti di droga, residenti in Calabria siano arrivati in Lombardia circa un mese fa, proprio per piazzare lo stupefacente. L’auto sulla quale viaggiavano, con un doppiofondo per custodire la droga, era intestata a un negozio di Cinisello Balsamo. Dopo una mancata consegna ad Arluno, alle porte di Milano, i militari delle Fiamme Gialle hanno seguito i movimenti della coppia di spacciatori per diversi giorni, finché per loro non sono scattatte le manette. I due, raccontano gli investigatori, avevano messo in atto una serie di precauzioni per evitare di essere individuati. I loro cellulari, in particolare, erano dotati di software anti intrusione e avevano il codice Imei (un codice di 15 cifre che permette di identificare con certezza il telefonino) completamente cancellato. Anche le schede sim utilizzate dai due spacciatori erano straniere.

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