Il Senato vota per l’arresto, Caridi si costituisce a Rebibbia

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ROMA – Il senatore di Gal Antonio Stefano Caridi, primo parlamentare della Repubblica ad essere accusato per 416 bis, associazione mafiosa, andrà in carcere. L’Aula del Senato, con voto segreto, dice sì alla proposta della Giunta per le Immunità di autorizzare il suo arresto. E lo fa con 154 sì, 110 no, 12 astenuti, in un clima di scontro totale. A dar fuoco alle polveri e’ la decisione, annunciata a inizio della seduta dal presidente del Senato, Pietro Grasso, di invertire l’ordine dei lavori in modo di consentire che si interrompa l’esame del ddl editoria, cominciato ieri, e si voti subito sulla richiesta di arresto. E’ nella facoltà del presidente anticipare un tema piuttosto di un altro quando il calendario dei lavori è già stato deciso dalla conferenza dei capigruppo. Ma quello che viene definito dal centrodestra “il blitz di Grasso” fa andare ugualmente su tutte le furie FI-Gal- Idea-Cor-Ncd-Ala e l’intero Pd. Ad eccezione di Lucrezia Ricciuti («Grasso ha fatto bene»). «Non ci aveva detto niente prima», lo «abbiamo saputo anche noi ora», precisa il capogruppo Dem Luigi Zanda intervenendo in Aula. «Avremmo comunque garantito il numero legale per votare su Caridi subito dopo il ddl sull’ editoria, ma lui evidentemente non si è fidato…» spiega un altro Dem visibilmente irato con Grasso. Il timore della presidenza, infatti, sarebbe stato quello che di non riuscire a far arrivare in porto nessuna delle due cose: né l’editoria, né il voto su Caridi. L’intenzione espressa ieri da buona parte del centrodestra, infatti, era quella di far mancare il numero legale a un soffio dal voto finale sull’editoria per evitare che alla fine ci si pronunciasse anche sull’arresto del senatore di Gal. Ma il “agguato” è sventato dalla decisione di Grasso che, da ex magistrato antimafia, non può sopportare che il Senato tardi nel pronunciarsi su un reato di tale entità. E’ vero, come ricordato più volte dal centrodestra, che il Tribunale del riesame, su ricorso dei legali di Caridi, si deve pronunciare a breve sulla richiesta di arresto, ma “il dovere” del Senato, si osserva, è quello di salvaguardare l’ istituzione da ogni attacco e critica. Così Grasso, incurante delle proteste, tira dritto. E anche di fronte al duro attacco che gli riserva il capogruppo di Ala, Lucio Barani, che si paragona persino a Matteotti quando accusa Grasso di averlo minacciato, non si scompone e dà la parola al presidente della Giunta Dario Stefano, autore della proposta e relatore del caso, affinché svolga la sua relazione. Al Pd non resta che convocare l’ufficio di presidenza per convincere tutti a restare in Aula e a garantire il numero legale. Su una questione così delicata, è l’input che arriva, il Pd deve tenere botta. Perché anche in caso di “salvataggio” di Caridi con il voto segreto, un’estate di attacchi dal M5S, la si vorrebbe evitare. Così, dopo un dibattito di 7 ore, con i pentastellati che intervengono solo in dichiarazione di voto con Mario Michele Giarrusso, si arriva al “verdetto”. Anche i 5 Stelle, che ieri avevano minacciato sfracelli se si fosse detto no alla loro richiesta di invertire l’ordine del giorno, sono spiazzati dall’ iniziativa di Grasso e restano silenti per l’intera seduta. Ad eccezione di quando interviene Barani e di quando parla Caridi per difendersi. Per protestare contro il Pd che insorge mentre un pentastellato filma con il telefonino l’autodifesa, subito richiamato da Grasso, Elena Fattori fa il gesto delle manette verso i Dem scatenando le ire dell’intero emiciclo. E anche Enza Blundo a fine seduta, fa un tweet in cui dice in sostanza che anche Zanda è un corrotto. Entrambe, poi, si scuseranno in Aula. Ma clima teso è anche nel salone Garibaldi, quando qualcuno prova a filmare un serrato colloquio tra Zanda e un Verdini particolarmente irato. Zanda denuncia la cosa in Aula e avverte che lui non «proprio nulla da nascondere». Alla fine, 154 senatori dicono sì all’arresto e il ddl sull’ editoria, come richiesto da Roberto Calderoli, slitta a settembre. «Grasso ha costretto il Pd a votare» è il commento di un cinque stelle «comunque soddisfatto».

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