REGGIO CALABRIA – Confiscati a Prato, Reggio Calabria e Cosenza, beni per un valore di oltre due milioni di euro, a Sante Pisani, 67enne imprenditore calabrese, ritenuto contiguo alla ‘ndrina Pesce-Bellocco di Rosarno. La confisca è stata eseguita dal personale del centro operativo di Firenze, della Direzione investigativa antimafia, su disposizioni della procura di Reggio Calabria. All’imprenditore è stata anche applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per tre anni, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Lo ha reso noto la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Direzione distrettuale antimafia. Il provvedimento di confisca, è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, su richiesta congiunta del direttore della Dia e del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria. I beni confiscati sono: un appartamento in villa a Poggio a Caiano, a Prato, uno studio professionale a Rosarno, un immobile di nuova costruzione, a Rossano, un conto corrente bancario e sei polizze assicurative. Sante Pisani, trasferito negli anni ’90, con la famiglia, a Poggio a Caiano, ha mantenuto – secondo gli investigatori – anche in Toscana, il suo ruolo di riciclatore dei proventi della ‘ndrangheta, fino al 2012, anno in cui, è ritornato a Rosarno. L’imprenditore – spiegano gli investigatori – si era specializzato in truffe ai danni dell’Unione europea, grazie a falsi documenti e anche con il coinvolgimento di dipendenti regionali. Pisani è stato arrestato nel 1993, insieme alla moglie e al cognato, per avere ripulito capitali illecitamente accumulati dalla cosca Pesce, subendo anche il sequestro di beni per circa 10 miliardi di lire, e nel 2007 per una truffa ai danni dell’Ue, nel settore dei contributi destinati alla produzione di agrumi, del valore di 26 milioni di euro. Tra gli immobili confiscati con il provvedimento anche lo “studio legale Pisani” di cui era titolare l’avvocato Vittorio Pisani, figlio di Sante e storico “legale di fiducia della cosca Bellocco”, poi diventato collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni «hanno fornito un contribuito determinante per addivenire alla ricostruzione e localizzazione dei beni confiscati». Il professionista – spiega la procura – nel tempo, allacciato stretti rapporti con le ‘ndrine del reggino, ben al di là del mandato professionale, sino a diventarne un “consigliori”, motivo per cui, nel febbraio del 2014, è stato arrestato. «Le vicende dell’avvocato Pisani e dell’avvocato Gregorio Cacciola, inoltre, si intrecciano, in modo drammatico – ricorda la procura – con la tragica scomparsa di Maria Concetta Cacciola, morta il 20 agosto 2011, per ingestione di acido muriatico, dopo che le sue dichiarazioni avevano permesso agli investigatori di disarticolare una costola della ‘ndrina Bellocco».