Operazione antidroga, Fasano: «Legami con il clan Muto»

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COSENZA – «Siamo soddisfatti per il lavoro svolto in pochissimo tempo e insieme alla dottoressa Fasano abbiamo raggiunto un buon risultato». Il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza Ottaviani si è detto soddisfatto dell’operazione condotta dai carabinieri di Scalea e coordinata dalla Procura di Paola, che ha portato al fermo di 25 persone per spaccio di droga nel Tirreno cosentino. Un’indagine che ha evidenziato il ruolo delle donne e anche di una ragazza minorenne. Sono emersi legami familiari con la cosca Muto di Cetraro ma su questo ci sono ancora indagini in corso. Anche il sostituto procuratore Fasano ha voluto rimarcare l’importanza del lavoro svolto. «Parliamo di un’indagine molto complessa e veloce. Lo spaccio riguardava soprattutto hashish e marijuana». L’indagine ha preso il via dall’arresto di una persona che ha portato poi a quattro mesi intensi di indagini. «Abbiamo riscontrato anche un reato di estorsione aggravata ai danni di uno degli indagati che è stata causata dai crediti derivanti dalla cessione dello stupefacente». E’ stato poi evidenziato nel corso della conferenza stampa «un ruolo molto attivo delle donne sia nei compiti di trasporto sia della cessione singola della droga». L’operazione ha infatti portato al fermo di ben sei le donne. Secondo quanto riferito dagli inquirenti, i canali di approvvigionamento erano principalmente il territorio di Cetraro e anche Rosarno ma anche su questo aspetto ci sono indagini in corso. «Il provvedimento di fermo – prosegue la Fasano – è stato necessario per una velocità delle indagini durante le quali è emersa anche la preparazione di un furto a un supermercato che è stato sventato. Ci sono volti noti della criminalità locale e anche nuove leve. E’ emerso l’utilizzo di una ragazza minorenne, di quindici anni, non solo come consumatrice ma utilizzata per trasportare la droga. Al momento il reato rimane traffico di droga. Nell’organizzazione il ruolo attivo delle donne si giustifica con rapporti di parentela tra gli indagati». Lo spaccio avveniva nei locali della movida dell’Alto Tirreno cosentino. Dovranno inoltre essere approfonditi i rapporti con la cosca Muto di Cetraro: «Quello che emerge – conclude la Fasano – sono legami e rapporti di contiguità familiare e il ruolo di Mandaliti che è il referente del clan sul territorio».

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