GIOIA TAURO (RC) «Crescono le tensioni dei lavoratori portuali di Gioia Tauro che continuano ad assistere ad intermittenti bagliori di speranza subito rabbuiati dall’amara realtà. Una realtà che non esclude, in una delle regioni più belle e più povere d’Italia, nemmeno il settore che dovrebbe godere di maggior respiro, quello portuale che sta, da anni oramai, vivendo la stessa crisi che ha contagiato altri settori essenziali». E’ quanto afferma Francesco Vescio, Vice Coordinatore di Azione Identitaria Calabria. «Da anni il porto di Gioia Tauro gode della zona franca e per anni questo privilegio ha favorito la società privata che finora ne ha gestito le attività (la MCT, società di transhipment) ma che da tempo ha dichiarato la sua sofferenza imputandone le cause ai lavoratori in esubero. E’ ben chiaro il fallimento del progetto economico e gestionale privato e ne è stata data conferma lo scorso febbraio quando, con approvazione per decreto legge, si è stabilita la nascita di un’agenzia ministeriale “interimale” che non riuscirà a soddisfare la richiesta occupazionale dei lavoratori portuali (oltre 900) che, a loro volta, godranno solo per altri pochi mesi degli ammortizzatori sociali,tuttora attivi, e per i quali si prospetta di andare ad allungare la lista dei tanti, troppi disoccupati che la nostra regione conta.Con una sorta di presuntuosa arroganza la società ha rigettato qualsiasi tipo di proposta presentata dagli stessi lavoratori o dai loro rappresentanti, monopolizzando infruttuosamente un settore appetibile da società concorrenti o che, meglio ancora, potrebbe vedere il suo rilancio economico se, corredato da un serio piano di sviluppo industriale, fosse gestito direttamente dallo Stato che dovrebbe prendere coscienza dei continui flop che la smania della privatizzazione selvaggia produce. E’ recentissima la notizia dell’approvazione da parte della UE del piano trasporti regionali che, a parole, sembra voler puntare su una riqualificazione ed un rilancio del porto gioiese ma pensiamo anche ai tempi biblici dei burocrati nostrani e, per i lavoratori prossimi a diventare inoccupati, sono attese che diventano lussi che non possono permettersi, pertanto chiediamo che il ministero cominci a preoccuparsi più delle esigenze del troppo spesso vessato popolo calabrese che di accontentare gli obiettivi mondialisti, tesi a privatizzare, sotto sigle sempre più ristrette, ciò che invece appartiene alla nostra terra. Un governo, quindi, impegnato in prima persona per garantire la piena funzionalità del porto e la stabilità lavorativa dei portuali».