Contaminazioni jazz e musica brasiliana, a Cosenza il talento del pianista Francesco Grillo

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COSENZA – Va oltre ogni classificazione, rompendo gli steccati per la capacità, quasi una predestinazione, di spaziare con disinvoltura unica, da un genere musicale all’altro. Fosse uno choro brasiliano o la più insidiosa delle musiche classiche o uno standard jazz, le sue mani si librano sui tasti come in un volo di farfalla che prende l’anima dell’ascoltatore fin nell’emozione più nascosta. Il concerto di Francesco Grillo, astro nascente del pianismo contemporaneo, arrivato a Cosenza, alla Casa della Musica, grazie all’intuizione dell’Amministrazione comunale e della delegata del Sindaco Mario Occhiuto per le politiche culturali, Eva Catizone, che lo ha invitato insieme all’Associazione “Quartieri Tranquilli”, per una serata di beneficenza a sostegno della ricerca portata avanti dalla Fondazione “Lilli Funaro”, ha lasciato il pubblico letteralmente a bocca aperta. Preceduto da ottime credenziali che ne fanno sicuramente una delle rivelazioni del momento, il pianista milanese e raffinatissimo compositore, dalla solida formazione classica, ma aperto alle contaminazioni con il jazz ed anche con la musica brasiliana, nel concerto dal vivo alla Casa della Musica ha, non solo confermato le attese e le sensazioni positive di chi aveva già avuto modo di ascoltare qualche suo disco, ma ha dato vita ad un’esibizione che è andata al di là di ogni immaginazione. Nulla gli è precluso. Sarebbe riduttivo persino parlare di talento, perché se il talento non è accompagnato dallo studio e dal perfezionamento, può lasciare il tempo che trova. In Francesco Grillo ogni pretesto è buono per scatenare i suoi virtuosismi che coniuga con un rigore di fondo che non gli fa mai perdere la concentrazione, neanche quando, con un sottile filo di ironia, presenta i suoi pezzi e dialoga con il pubblico. Ma si tratta di brevissime divagazioni dalle quali ritorna a volare sui tasti come se fosse in una trance esecutiva che sembra quasi un rituale inarrestabile in cui il fluire delle dita sui tasti bianchi e neri sembra non avere mai fine. In apertura, ci svela subito di che pasta è fatto, attingendo alle sue composizioni originali: “L’ora dubbia” (in cui aleggia il nume tutelare di Bill Evans), “Safari”, “Tourbillon flamboyant”, “Senza risposte” e “Piano Americano”. Brani di innegabile lirismo, tratti sia dal suo album del 2011, “Highball”, nel quale la special guest, in tre pezzi, è Stefano Bollani, sia da “Frame”, album di piano solo, datato 2013. Sempre da “Frame”, inciso per la Sony Classical, esegue successivamente “Andorinhas” (Rondinella), uno choro brasiliano che è una sorta di biglietto da visita per farci comprendere di cosa è capace la sua versatilità. Chiusa la parte dedicata alle composizioni originali, Francesco Grillo riserva al pubblico della Casa della Musica un accenno del suo disco del momento, Vivaldi The Four Seasons, nel quale compie il “miracolo” di trascrivere, per piano solo, Le quattro stagioni di Vivaldi, di cui regala il primo e il secondo movimento dell’Inverno. E si capisce subito perché la critica specializzata si è prodotta in elogi sperticati segnalandone il suo talento su importanti testate nazionali come il “Corriere della Sera”. Poi un’incursione nella musica da film, rivisitando da par suo e piegandolo al suo stile,il celebre tema della colonna sonora del film di Roman Polanski “Rosemary’s Baby”, composto da Krzysztof Komeda, grande divulgatore del jazz in Polonia. Non ci sono modelli, né termini di paragone ed anche quello che può venire in mente, l’accostamento a Bollani, di cui è nota sia l’amicizia che la collaborazione espressa nell’album “Highball”, è fugato subito, oltre che dalla cifra stilistica differente, anche dalle inesistenti concessioni allo spettacolo che in Grillo sono praticamente assenti e che, invece, in Bollani, pur rispettandone il valore, hanno contribuito ad alimentarne la fama e a costruirne il personaggio. Il concerto di Francesco Grillo va avanti speditamente ed è un’altra significativa incursione a metterne in luce l’indiscutibile eclettismo, quando propone due delle tre danze argentine di Alberto Ginastera (la “Danza de la moza donosa” e la “Danza del Gaucho Matrero”). Prima della chiusura, ancora qualche composizione originale tratta da “Frame”, “Egloga” e “Northwind”. E giù ancora applausi. Il tempo di un bis: tocca a un inedito, ancora mai inciso. Il pubblico è in visibilio. Giù il cappello! E quando guadagna l’uscita ogni singolo spettatore, ancora in trance estatica, pensa, a futura memoria, quando Francesco Grillo avrà scalato l’Olimpo della musica, di poter dire : “Quella sera, a Cosenza, c’ero anch’io”!

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