Mendicino, fulmineo e sinestetico “La mia idea. Memoria di Joe Zangara” di Ernesto Orrico

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MENDICINO (CS) – Avete presente quando una storia vi entra dentro e non vuole più uscire? Succede di rimuginare, cercare alternative, soluzioni plausibili e meno dolorose. Questo è quello che si sente dopo aver assistito a “La mia idea. Memoria di Joe Zangara”, lo spettacolo di e con Ernesto Orrico andato in scena ieri sera presso il teatro comunale di Mendicino. Povertà, curiosità, emigrazione, avversione per un governo capitalista, un dolore fisico pari a spine che macinano lo stomaco e l’anima. L’eterna ricerca di qualcosa colora la vita di Giuseppe Zangara, l’uomo originario di Ferruzzano sbarcato negli Stati Uniti per vivere quel sogno americano come avevano fatto il padre e le migliaia di migranti prima di lui. Giuseppe, divenuto Joe negli Stati Uniti, è figlio della povertà, di un padre-padrone che lo riempie di botte e lo considera né più né meno che un animale da soma; una “capo tosta” che impara a leggere una parola al giorno, un uomo che cerca di cambiare il sistema il 15 febbraio del 1933 quando attenta alla vita del presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt. Vittima e carnefice di uno Stato capitalista che assicura il benessere e l’istruzione solo ai ricchi- come più volte ricorda-, la vita di un uomo che avrebbe potuto cambiare la storia si spegne sulla sedia elettrica il 20 marzo del 1933. Ispirato a “L’uomo che avrebbe voluto uccidere FDR” curato da Blaise Picchi, Ernesto Orrico porta in scena una storia dolente, la vita di un uomo alla ricerca di un riscatto e di un amore che sfuggono inesorabilmente e conducono a un esito tragico. Ernesto è discreto, passionale, fulmineo, tesse una trama sinestetica di una lingua italiana ibridata da intercalari americani facendoci entrare nella vita dei migranti e visitare luoghi a noi sconosciuti. joe zangara2Poi c’è la musica, una musica che non stanca e si intreccia in modo perfetto con la storia grazie alla performance di Massimo Garritano. Una perfetta sinergia tra musica e interpretazione che si è guadagnata a pieno titolo lo scrosciante applauso del pubblico. Si può soffrire per quello che è stato? Forse sì.

Rita Pellicori

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