RENDE (CS) – «Non dimentichiamo che il 41bis è stato istituito per evitare che i capimafia mandino segnali di morte verso l’esterno». È il duro commento che il procuratore antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha formulato intervenendo all’Università della Calabria nel corso di una iniziativa organizzata dal Rotaract Club Rende e dall’associazione studentesca ASSI (Associazioni Studenti Ingegneria), per presentare il libro “Padrini e Padroni” edito da Mondadori, scritto con Antonio Nicaso. Gratteri ha così commentato l’apertura da parte della Cassazione, alla scarcerazione di Totò Riina per ragioni di salute. «È ora di finirla con l’ipocrisia di chi sale sui palchi a commemorare Falcone e Borsellino e poi fa discorsi caritatevoli: un boss come Riina comanda anche solo con gli occhi». Poco dopo è giunta la replica di Giuseppe Ayala, ex magistrato della Procura di Palermo, il quale, parlando ai microfoni di Radio Radio Tv, ha detto tra l’altro: «Mi permetto di dissentire dal collega Gratteri che peraltro ha e continuerà ad avere tutta la mia stima. Perché se dovesse essere così, se Riina dopo 24 anni e mezzo continuativi di applicazione del 41 bis è ancora uno che comanda, lo Stato si deve dare una regolata Sarebbe una sconfitta dello Stato». Secondo Ayala il 41 bis non è stato istituito «per infliggere ai mafiosi un regime carcerario più afflittivo, lo è senza dubbio, ma non è questa la sua finalità, quanto quella di impedire o rendere enormemente difficile la comunicazione dal carcere con l’organizzazione esterna» e quindi di interrompere «la gestione del suo potere».