“Libri a palazzo”: cangiante e nostalgico “Il pianto del monachello” di Alessandro Stella

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2001

MENDICINO (CS) – Pagine in cui perdersi, emozioni contrastanti. In un’atmosfera a tratti surreali si è consumata sulla scia del ricordo di Antonio Catalano, memoria storica di Mendicino scomparso qualche giorno fa, la presentazione de “Il pianto del monachello” di Alessandro Stella, quarto libro che si inserisce nella reassegna culturale “Libri a palazzo”. Come si entra in certe pagine? C’è una strada maestra? Nella cornice di un mare che ritempra il corpo e alleggerisce i pensieri, in un crocevia di esistenze, di profumi e olezzi, di anime stantie nel vortice della realtà, nello scenario sospeso tra i miti e una realtà che risucchia voracemente si gioca il destino di Portomagno e dei suoi abitanti. La storia del monachello e del suo cappuccio magico che avrebbe reso fortuna a chi fosse riuscito a toglierlo fa da fil rouge ad un corollario di anime fragili consumate da miseria, fame e una vita di stenti. In un paese meridionale, sotto l’egemonia del fascismo e di un sistema scolastico rigido che infligge pene corporali ai disobbedienti, a  scuotere il girone dell’inferno in cui tutto è scandito da lentezza e ripetizione ciclica è l’ufficiale dello Stato Civile don Cola, considerato da tutti il paccio del paese. Don Cola, il fato benevolo del paese, «l’impiegato armato di penna  per modellare l’animo dei concittadini» si investe di un potere oscuro e magico per poter ridisegnare l’esistenza dei compaesani: facendo seguire il nome del bambino da una virgola e dal nome di uomini e donne che hanno fatto la storia, don Cola innesca il meccanismo di una porta girevole verso l’altro mondo in cui il nome aggiunto si investe di una funzione salvifica per sovvertire l’ordine e la staticità di ciò che è eternamente sempre uguale. Marcello, occhi curiosi e animo indagatore, è l’unica anima candida a conoscere il segreto di don Cola e a subire la fascinazione della faràgula del monachello. Una pausa lunga 15 anni rompe la quotidianità fatta di giochi di ragazzi e di chiacchiere di paese per far posto al nuovo, al cambiamento che si insinua come una ventata d’aria fresca in una giornata stordita dalla calura estiva. In una realtà che mescola aristocrazia  e miseria si inserisce il finale insolito di una trama ben ordita in cui il dialetto non sovrasta ma fa da amalgama ai luoghi e alle persone rendendole più vere e genuine. Cangiante e nostalgico, in un’atmosfera in cui realtà e fantasia si mescolano, Alessandro Stella ci consegna «un libro indisponente che apre feritoie immaginifiche» dichiara Antonietta Cozza , « un romanzo di formazione ricco di suggestioni e descrizioni antropomorfiche» fa eco Pino Sassano.  Un libro per immaginare, amare e sperare.

Rita Pellicori

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