Cosenza – Arriva correndo Giovanni Allevi sul palco del Teatro A.Rendano desideroso di aprire il concerto del “Sunrise Tour”, arriva sfrecciando con le sue scarpe converse e il suo portamento goffo, impacciato che lo rende inconsapevolmente ironico e divertente; arriva con i suoi capelli cotonati in cui nei momenti di estasi affonda dolcemente le mani, con i suoi occhiali da “secchioncello” che pretende l’ultima parola, con il suo sorriso imbarazzato che lo fa sembrare ancora un ragazzino.
Arriva sul palco privo di sovrastrutture e con quell’umiltà di chi preferisce dare che ricevere, poche parole di benvenuto ad un microfono che teme e che non riesce mai a maneggiare; poche parole perché c’è la sua musica a parlare per lui e di lui. Giunge con una bacchetta e il pubblico percepisce che è il momento dell’Allevi direttore d’orchestra; al suo fianco l’Orchestra Sinfonica Italiana e la violinista solista Natalia Lomeiko per eseguire “La danza della strega – concerto per violino ed orchestra in fa minore”, una sinfonia con movimento mosso, adagio, allegro con slancio capace di far toccare con mano la passione celestiale del violino.
Giovanni Allevi muove la sua bacchetta e il numeroso pubblico si zittisce, si autocensura per farsi cullare dalle dolci e soavi melodie; complessi virtuosismi per gli esecutori armoniosi motivi per gli ascoltatori persi, sin dalla prima nota, in un mondo in cui la musica diventa materia viva. Melodie che fanno sognare quelle di Allevi, melodie che ti fanno percepire la sua anima, la sua passione, la sua devozione per la musica da sempre sua compagna di vita. Al suo cospetto violini, violoncelli, contrabbassi, arpe, flauti traversi; davanti a lui il nulla, nessun leggio, nessun pentagramma perché la musica è in lui, è nella sua testa, è tra i suoi riccioli ribelli.
Il sipario si chiude per una breve pausa e alla sua riapertura ecco comparire sul palco un pianoforte a coda Bosendorfer; è il momento dell’Allevi dalle mani virtuose e il pubblico risponde con acclamazioni, boati, consensi prima di richiudersi in un “religioso” silenzio. La seconda parte del concerto inizia con tre brani di “pianoforte solo”, “Panic”, “DownTown” e “Back to life” che designa l’esigenza primordiale ed inarrestabile di ritornare a vivere; il connubio orchestra-piano non si fa attendere, si colgono le prime note di “Sunrise” e poi quelle del brano “Mandela” creato sulla poliritmia africana fino ad approdare agli ultimi due brani “Symphony of life” ed “Heart of Snow”.
Allevi suona e cambia volto, il suo sorriso impacciato sparisce, i suoi occhi si socchiudono per assaporare meglio le melodie e le sue mani si muovono velocemente, senza pause, senza tentennamenti; Allevi suona e diventa sicuro di sé, cambia aspetto trasformandosi in tutto ciò che non è in assenza della musica. Il piano è come una dolce creatura per Giovanni Allevi, è un’irresistibile donna con cui fare l’amore con passione, sensualità e desiderio; il compositore/musicista muove delicatamente le mani sugli 88 tasti del pianoforte, li accarezza, li sfiora e sono brividi, fremiti; lui vola mentre il pubblico lo guarda commosso e lo segue nel suo viaggio.
Allevi termina il suo concerto, le luci si accendono ed è solo in questo momento che si rende conto di quanto il teatro sia colmo di gente che lo applaude, tutti lo salutano ma nessuno ha voglia di andare via; ci si adopera dunque per un bis e poi per un altro ancora. Sull’ultima nota suonata del brano “Aria” il pubblico si alza in piedi, lo acclama, lo ringrazia sperando di poter ridiventare sognante spettatore di un nuovo viaggio nella musica.
Annabella Muraca