RENDE (CS) – Riceviamo e pubblichiamo comunicato stampa di Attiva Rende circa il Regolamento dei Beni Comuni a Rende.
«Il 28 dicembre scorso anche il Comune di Rende ha approvato il suo Regolamento dei Beni Comuni: non è il primo ad averlo fatto in Calabria, la vicina Cosenza lo aveva già deliberato a giugno scorso, Taurianova, piccolo paesino nella piana di Gioia Tauro ne possiede uno dal 2015. Il testo del regolamento, più o meno simile in ogni città, si ispira al movimento per i beni comuni nato in Italia a ridosso del referendum sull’acqua, che ha portato finora quasi duecento comuni italiani ad aderire. In sostanza si consente ai cittadini la gestione diretta dei beni di proprietà pubblica, spazi aperti o chiusi, che i cittadini attivi decidono di adottare e curare restituendoli alla fruizione collettiva.
Non è chiaro cosa prevede nello specifico il Regolamento di Rende, perché dopo tre mesi il documento non è ancora disponibile on line sul sito del Comune, ma l’amministrazione uscente non perde occasione – a due mesi dalle elezioni – per ricordarci quanti e quali meriti abbia in materia di partecipazione, di condivisione, di attenzione verso le associazioni e i beni comuni. Invece si tratta solo di un’operazione (maldestra) di facciata.
Come può accadere, infatti, che da una parte si approvi un Regolamento dei Beni Comuni e dall’altro si pubblichi un piano di “alienazione” dei beni pubblici? L’elenco dei beni messi in vendita dal Comune nel novembre scorso comprende terreni e fabbricati, che potrebbero benissimo rientrare in progetti di orti urbani o spazi culturali e di aggregazione da affidare ai cittadini. Rende soffre di una disgregazione territoriale non trascurabile, i luoghi di incontro e socialità sono indispensabili alla creazione di un senso di comunità e di appartenenza. Invece si preferisce mettere in vendita i beni per fare cassa (ricordiamo che l’amministrazione contava di recuperare così otto milioni di euro).
Nell’elenco dei beni alienati, questo sì disponibile sul sito a beneficio dei potenziali acquirenti, rientrano anche alcuni edifici dell’ex delegazione municipale a piazza Matteotti, o l’ex supermercato di Villaggio Europa, spazi perfetti per la fruizione pubblica vista la loro centralità. L’impressione è che questa amministrazione, nonostante i proclami, non abbia alcuna considerazione (o conoscenza) dei bi/sogni della città: altre scelte discutibili erano già state fatte, come il regalo alla Chiesa della piazza antistante il Comune, o la concessione di locali comunali a un’azienda di divani, l’assegnazione senza condizioni del Castello, o gli spazi attribuiti ad associazioni (validissime) senza alcun criterio se non quello del rapporto personale. Su tutte, la privatizzazione degli impianti del Tennis: il nuovo bando prevede che solo società private con fini di lucro possano gestire i campi con annesse attività.
Pensavamo che l’epoca della gestione privata della casa comunale fosse finita, evidentemente ci sbagliavamo. I beni comuni vanno intesi come “riconquista di spazi pubblici democratici, fondati sulla qualità dei rapporti e non sulla quantità dell’accumulo” (Ugo Mattei): è evidente che questa amministrazione si è mossa finora in direzione opposta».