CATANZARO – Mario Desiati, promessa della letteratura contemporanea, ha di recente presentato nella filiale catanzarese della nota catena libraia Ubik un testo unico nel suo genere: un libro “estremo” e non di “contenuto”, come lo stesso autore ama definirlo. Che lo scrittore pugliese fosse un artista sopra le righe lo si evince già dalla presentazione del libro, non particolarmente attinente alla trama stessa, e dalla simpatia tipicamente meridionale: quella di un uomo legato alla “terra” e a tutte le contraddizioni che caratterizzano un tipico paese del sud come Martina Franca. Giuridico di impostazione accademica ma dall’animo profondamente melanconico, Desiati innesta all’interno del racconto una meta-trama che finisce per traslare in secondo piano quello che sembrava dover essere il tema centrale del racconto: l’amore proibito tra uno studente delle scuole medie e la sua insegnante. Un amore pericoloso, ostacolato, passionale, che sfata il mito dell’anima gemella, il sentimento tra due persone “diverse”, che vivono il rapporto nella coscienza di commettere un errore ma consapevoli che “non sempre ciò che giusto è bello”. Maggiori sono gli ostacoli da affrontare, tanto più forte diventa il sentimento: questo pensiero aveva condizionato Francesco, soprannominato dagli amici “Veleno”, fin dalla sua infanzia, un periodo particolare della sua vita, passato più volte nella totale solitudine a sognare ad occhi aperti un mondo immaginario, seduto su di un piccolo muretto a secco. Ritorna nuovamente l’elemento storico: il muretto a secco, oltre ad essere una tipica caratteristica dei paeselli meridionali, ha un valore simbolico altissimo per l’autore. Esso rappresenta il primo esempio di manufatto umano nel tentativo di modificare l’ambiente per ricavarne un qualsiasi uso. Infatti veniva adoperato nelle strutture religiose, per la costruzione delle antiche mura di recinsione, nella realizzazione delle Piramide a gradoni. Il muretto a secco rappresenta quindi la nostra storia, il nostro stare al mondo. È proprio su quel muretto che Veleno riceve una importante lezione di vita dalla nonna Comasia, che lo incita a non lasciarsi sopraffare dalle difficoltà della vita; una metafora semplice, quasi bucolica: “L’amore ha bisogno di muri per crescere, come l’edera”. L’amore non può essere compreso attraverso il buon senso, per mezzo delle regole morali dettate dalla comunità, ma è il frutto della felicità degli innamorati. Tuttavia una storia come quella tra Veleno e Donatella, docente di educazione tecnica acqua e sapone, non si perdona, deve essere interrotta, con la massima violenza: servizi sociali per Veleno, galera per Donatella. Le maldicenze e il giudizio che si scagliano contro i due innamorati non hanno nessun valore. Contro la sua famiglia, la morale sociale, la legge che vorrebbe dividerli, Veleno pone le basi per il suo futuro attraverso una “legge” che non umilia né separa ma lascia ogni anima libera di incontrarne un’altra e di amare.
Mario Desiati è nato a Locorotondo ed è cresciuto a Martina Franca. Dopo la laurea in Giurisprudenza ha lavorato in uno studio legale e pubblicato saggi sulla responsabilità civile. Nel 2003 si è trasferito a Roma, dove è stato caporedattore della rivista Nuovi Argomenti. Dal 2008 fino ad oggi si è occupato della direzione editoriale di Fandango Libri. Ha pubblicato la raccolta di poesie Le luci gialle della contraerea (Lietocolle, 2004) ed è fra i poeti rappresentati nell’antologia Nuovissima poesia italiana (Mondadori, 2004). Come narratore ha esordito nel 2003 con Neppure quando è notte (peQuod), ha pubblicato in seguito Vita precaria e amore eterno (Mondadori, 2006), Il paese delle spose infelici (2008) da cui è stato tratto l’omonimo film, Foto di classe. U uagnon se n’asciot (Laterza, 2009) ha curato l’antologia A occhi aperti (2008). Con Ternitti (2010) è stato finalista al Premio Strega.
Maria Ottobre