Catanzaro – “Solitamente rispondo solo alle istituzioni e ai sindacati, ma oggi sono costretto a intervenire sul tema a cui diversi quotidiani hanno dedicato spazio, quello emerso dal sito “doveecomemicuro”, la classifica dei migliori ospedali e del “rischio” delle cure nelle strutture ospedaliere”. Ad affermarlo è il direttore generale dell’Asp di Catanzaro Dott. Gerardo Mancuso intervenendo in merito all’erronea lettura, da parte di alcuni, dei dati relativi all’ospedale di Lamezia Terme.
“Dicevo sono costretto – ha proseguito Mancuso – poiché devo correggere e puntualizzare la campagna strumentale proveniente da alcuni ambienti, tesa a screditare la nostra azione di riordino e basata solo ed esclusivamente sulla ignoranza e sul preconcetto finalizzato alla denigrazione gratuita. So bene di quello di cui si parla, ho conoscenza diretta dell’argomento perchè personalmente coinvolto dai Ministeri nella fase delle analisi. Il sito “doveecomemicuro” nasce da una elaborazione sintetica di apparente facile lettura, di un panel di esperti di sanità, senza indicare i loro interessi, che ha rivisitato i dati sugli “Esiti” pubblicati dalla Agenzia ministeriale Agensas, agenzia credibile e affidabile”.
“Intanto cerchiamo di capire cosa è il Programma Esiti – ha spiegato il dg – è un programma di elaborazione dei dati delle Sdo, acronimo di Schede di Dimissione Ospedaliera, dati desunti dai documenti ufficiali all’atto della dimissione del paziente da un reparto ospedaliero, relativi all’età, residenza, giorni di degenza, diagnosi. Questi dati vengono incrociati con le certificazioni Istat di morte. La Sdo è lo strumento di raccolta delle informazioni di ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati in tutto il territorio nazionale. L’obiettivo del Programma Esiti è quello di stimare i volumi minimi di attività associandoli ad esiti migliori delle cure ed usare i volumi minimi come criterio di accreditamento per fare benchmark fra le strutture nazionali, non quello di redigere classifiche e graduatorie”.
“Sulla base di questo lavoro – ha proseguito il Dott. Mancuso – sono stati elaborati due documenti pubblicati sul sito ministeriale, uno relativo al 2011 ed un altro al 2013. La cosa importante da sottolineare, ignorata da chi si è cimentato sull’argomento, che i dati si riferiscono al periodo 2005-2010 per il primo documento e aggiornati al 2012 per il secondo documento. L’elaborazione è avvenuta su un arco di tempo di 6 anni per il primo documento e di 8 anni per il secondo documento. Perciò il primo documento si riferisce a dati antecedenti alla gestione Scopelliti e il secondo documento si riferisce a dati cui l’85% sono della gestione precedente Scopelliti. Quindi se si vogliono presentare i dati come esiti della nostra gestione, solo perché sono datati 2013, è un errore ma anche un segno di ignoranza e forse di malafede. I dati del programma esiti sono relativi ad un periodo ampio cui il 15% è poco influente sul risultato finale ed è riferito a soli trenta procedure-malattie”.
“Dopo questa doverosa premessa, devo tuttavia dare ragione a chi dice che dal sito “doveecomemicuro” emerge un profilo di sanità insufficiente e talvolta preoccupante, ma questa fotografia riguarda esattamente quello che accadeva in passato a cui nessuno dava peso e che solo ora viene evidenziato per motivi che sfuggono solo a pochi. I valori degli indicatori delle strutture sanitarie esaminate sono stati confrontati con il dato italiano di riferimento (benchmark nazionale). La qualità di ogni struttura è espressa attraverso un colore che indica il punteggio raggiunto. I colori utilizzati richiamano l’idea del semaforo.
Cosa dicono i dati. Le cure della nostra sanità regionale sono insoddisfacenti per quanta riguarda l’efficacia e l’esito. Se prendiamo in considerazione alcune delle patologie più comuni in ospedale ci accorgiamo che la cura della Bpco (bronchite cronica ostruttiva), dell’infarto del miocardio, delle fratture di femore, dello scompenso cardiaco, dei tumori allo stomaco, dei parti cesari non è in linea con i dati nazionali, spesso i dati sono peggiori”. “L’Ospedale di Lamezia Terme non fa eccezione a questa regola – ha aggiunto Mancuso – come si vede dalla tabella i dati di attività sono disallineati rispetto alla media nazionale. I giorni di attesa per eseguire un intervento di frattura di femore sono 5 a fronte di una media nazionale di 4 ed un obiettivo delle linee guida di 2, la mortalità a trenta giorni per infarto è di 11,5 a fronte di una media nazionale di 9,9. Le riammissioni in ospedale per bronchite cronica risultano essere più alti della media nazionale (15.9 a fronte di 13.5). A questa situazione fa eccezione l’ictus che registrava, nei primi dati pubblicati dall’Agenas una attività di eccellenza proprio a Lamezia nel reparto di medicina con una mortalità di 4.44, fra le più basse d’Italia, invece oggi si registra una mortalità di 10%. Quindi dati non soddisfacenti ma che riguardano il passato. Che la sanità non funzionava lo sapevamo, avevamo registrato in passato differenze rispetto le altre Regioni, non possiamo però fare finta di accorgerci solo oggi e solo perché il documento è stato pubblicato nel 2013”.
“Un’altra cosa mi preme sottolineare: il Piano di Rientro non è stato disegnato per risolvere questi problemi, è stato disegnato quasi esclusivamente per ridurre il debito, e questo ha accentuato le difficoltà e condizionato i servizi erogati. Non possiamo fare assunzione di personale, non possiamo investire sui servizi territoriali per scarsità di risorse economiche, insomma il Piano di Rientro non incide immediatamente sui sistemi assistenziali, ma pone le basi per una razionalizzazione della spesa e delle attività ospedaliere e territoriali. Come testimoniano tutte le pubblicazioni internazionali al riguardo, le attività che stiamo eseguendo oggi sono indispensabili e propedeutiche per risanare ed offrire, nell’arco di 7-8 anni, un sistema più efficiente”.
“Tuttavia gli ultimi dati pubblicati in questi giorni dal Ministero della Salute evidenzia passi in avanti molto importanti. Il punteggio relativo alla erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza) è passato nei soli ultimi tre anni da 88 a 132, cosi da superare finalmente la soglia di 130 posta come livello di accettabilità. Perciò, invece di dedicarsi alla polemica gratuita, invito tutti a interessarsi positivamente della sanità, anche con la critica ma con il fine di aiutare a superare questa fase particolarmente difficile. Aver allontanato chi aveva interessi economici, aver scoraggiato le lobby, aver ricondotto alcuni dipendenti a comportamenti consoni, aver portato la legalità e la trasparenza sono risultati che incoraggiano a proseguire in questa direzione. La sanità è stata oggetto di ruberie e interessi, sono stati sperperati soldi che tutti noi abbiamo contribuito con le tasse, tutto senza risultati gestionali apprezzabili. Oggi è necessario fare cose, magari non popolari, ma che daranno forza alle cose utili, alle cose necessarie per una sanità di qualità. Piuttosto le energie dovrebbero essere dedicate a convincere i rigidi tavoli ministeriali ad allentare la eccessiva pressione che hanno nei confronti della Calabria, a concedere le deroghe alle assunzioni, a concedere i finanziamenti in tempi rapidi e a considerarci affidabili, questo si che sarebbe molto utile a tutti, soprattutto ai cittadini. Il campanilismo e le lotte preconcette sono segno di inciviltà e di povertà intellettuale”.