COSENZA – L’articolo 1 della Costituzione recita “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul LAVORO. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Peccato che di lavoro ce n’è poco o niente e noi giovani siamo la generazione delle doppie e triple lauree, dei call center, degli annunci e quando va bene dei lavori quasi sempre non retribuiti.
Ci buttiamo in qualsiasi cosa pur di fare pratica, passiamo giornate intere davanti ai nostri personal computer ad inviare curicculum che nessuno prende mai in considerazione, rispondiamo agli annunci online per ricoprire delle mansioni e poi ci viene richiesto di svolgere compiti diversi rispetto a ciò che realmente ci interessava.
Siamo appunto la generazione dei curriculum a cui, sporadicamente, segue un vero e proprio colloquio, siamo quelli a cui viene detto che per essere assunto c’è bisogno di esperienza ma nessuno è mai disposto a farcela acquisire, siamo i tuttofare di un’Italia che non ci prende più in considerazione, siamo quelli che vengono dipinti come dei bamboccioni che preferiscono fare i vermi tra i banchi universitari piuttosto che smetterla di fare gli intellettuali e capire che la cultura non fa mangiare, siamo le nuove leve mai arruolate con una valigia sempre pronta nella speranza che qualcuno, prima o poi, si accorga di noi.
Studiamo tanto per cosa? Per finire in un call center di vendita, di riscossione crediti o, per chi è più fortunato, di assistenza con salari che oscillano in base alle pratiche chiuse e a quelle che, invece, sono saltate. Nessuno riesce più a guardare oltre il proprio naso, si prende quel che si trova senza sperare in un reale futuro, senza più progetti ma semplicemente camminando prudentemente su un filo precario, il piede sinistro davanti a quello destro, lentamente per evitare bruschi oscillamenti, il piede destro davanti a quello sinistro e così via pian piano percorriamo la strada della nostra vita.
Siamo stanchi, non tanto per la crisi che può anche essere un nuovo modo di rinnovarsi e creare, ma per quello che i politici dicono continuamente di noi, dipinti come spocchiosi, choosy, come coloro che scelgono ancora le lauree umanistiche nonostante non garantiscano un posto nel mondo lavorativo. Ma di cosa stiamo parlando? Di aria fritta, di fumo che scompare alla prima folata di vento perché il problema non siamo noi, siete voi e la vostra incapacità di governare il paese ed arginare una crisi che sta mietendo solo vittime. Basta, siamo stanchi di essere il capro espiatorio per i vostri errori, siamo esausti di portare sulle spalle delle colpe che non dipendono direttamente da noi e dalle nostre scelte.
Siamo giovani già vecchi perché ci trasciniamo un carico di appellativi ed attributi che, in realtà, non ci rappresentano.
Annabella Muraca