La Coldiretti predica lealtà per il Consiglio camerale

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COSENZA – La reiterazione dell’istruttoria disposta dal TAR Calabria in sede cautelare (autorevolmente confermata del Consiglio di Stato) ha dimostrato la fondatezza dei dubbi avanzati dalle ricorrenti sulla corrispondenza tra rappresentatività dichiarata e rappresentatività effettiva, tanto che l’organizzazione contro interessata Coldiretti Cosenza ha visto scendere il numero dei dipendenti riconosciuti alla stessa da 17.000 circa a 3.700 circa.
Non solo, ma la circostanza, appresa attraverso la stampa negli ultimi giorni, che a carico di alcuni dei soggetti partecipanti al procedimento siano state avviate indagini penali conferma l’intento, da parte di tali soggetti, di mettere le mani, con tutti i mezzi, sul costituendo Consiglio camerale, pur essendo la procedura di rinnovo degli organi camerali ispirata al principio di buona fede e di lealtà delle Organizzazioni professionali partecipanti, nel rendere le previste dichiarazioni; principio, la cui violazione comporta l’esclusione dalla partecipazione alle operazioni di rinnovo.  Sembra, quindi, quanto meno discutibile sul piano etico che l’eventuale nuovo Consiglio possa essere composto da soggetti appartenenti ad Organizzazioni i cui rappresentanti sono stati – come detto – attinti da indagini penali, almeno fino alla conclusione di tali indagini.

Si deve, infine, stigmatizzare che, in concomitanza con la fase conclusiva della reiterazione dell’istruttoria disposta dal TAR, il Segretario generale della Camera di Commercio, adducendo l’opposizione della Organizzazione controinteressata (Coldiretti) negava a Confagricoltura di accedere agli atti, relativamente alla dichiarazione presentata da Coldiretti, impedendo così di verificare quali soggetti risultassero associati a Coldiretti e con quale rispettivo numero di dipendenti, essendo questi gli unici elementi idonei a valutare la fedeltà della dichiarazione.
Nel prendere atto dell’esito della reiterata istruttoria, il Presidente della Giunta Regionale, infine, in evidente violazione dell’art. 38, c. 1, della legge n. 373/2002 (che fissa, com’è noto, inderogabilmente in sei mesi dalla scadenza la c.d. prorogatio degli Organi dell’Ente, termine nella specie maturato il 4/2/2014), emetteva un abnorme decreto con cui convocava il Consiglio camerale per la data del 31 marzo 2014, nominando nelle more (per quanto è dato sapere) un commissario ad acta per la gestione di tale presunta fase transitoria, ma avente in realtà la funzione di permettere alla nuova maggioranza di insediarsi nelle cariche; il tutto, stravolgendo il procedimento previsto dall’art. 10 del D.M. n. 156/2011, che prevede il termine di trenta giorni a favore delle Organizzazioni per la nomina dei rispettivi rappresentanti e, solo successivamente, la convocazione del nuovo Consiglio.

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