Cosenza – Il rapporto tra l’arte e la sacralità, non meramente intesa come religiosità ma come un’energia insita in ciascuno e che nell’artista è destinata a prendere forma nella sua produzione.
Questo il filo conduttore del tandem di eventi tenutosi ieri al Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza che ha ospitato la presentazione dell’ultimo libro di Vittorio Sgarbi da titolo “L’ombra del divino nell’arte contemporanea” e, a seguire, l’inaugurazione della mostra, – non a caso – dal titolo “Il Divino nell’arte contemporanea” promossa e curata da Mario Bilotti, celebre per avere curato già altre importanti eventi espositivi nella città bruzia tra cui la mostra da “Picasso a Warhol opere della collezione Bilotti” del 2005.
Nella gremita sala conferenze del Museo si è discusso di entrambe le iniziative per poi giungere al culmine nella presentazione del libro di critica d’arte da parte dello stesso autore, Vittorio Sgarbi, in questi giorni a Cosenza e impegnato in altri eventi culturali.
Presenti all’evento assieme al noto critico, l’assessore alla Cultura del comune di Cosenza, Rosaria Succurro, il curatore della mostra Mario Bilotti, l’editore della Cantagalli Francesco Corsi, la storica d’arte del Ministero ai Beni culturali, Stefania Bosco e l’architetto Fernando Miglietta che ha moderato gli interventi. A portare la loro testimonianza anche due degli artisti protagonisti della Mostra che è seguita alla presentazione, ovvero Stefano Solimani e Croce Caravella. Presente anche il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, giunto in ritardo per via di impegni istituzionali.
L’idea del doppio evento è nata dal progetto di rivisitazione dell’opera degli artisti contemporanei che si occupano del tema del divino; la mostra fa parte di una rete di eventi espositivi curati dallo stesso Bilotti, cui hanno preso parte anche molte opere realizzate per l’occasione ma unite dal comune denominatore della sacralità. Opere e artisti spesso menzionati nel libro presentato proprio ieri da Sgarbi.
Ironico e pungente fin dalle prime battute, Vittorio Sgarbi ha esordito dicendo “questa mostra è organizzata e finanziata da me a mia insaputa”, alludendo alla gratuità del suo intervento; ma ha subito tenuto a sottolineare quanto sia legato alla città di Cosenza e al suo centro storico, per il quale si è sempre battuto – spesso con interventi fortemente critici nei confronti dell’operato di cert’uni amministratori della città – cercando di promuoverne la valorizzazione e la tutela.
Nel passaggio al clou della manifestazione, ovvero la presentazione del tema del libro, non ha potuto mancare ad alludere alla situazione attuale del circuito artistico e museale calabrese, in particolare alla condizione dei Bronzi di Riace e alla reticenza delle alte dirigenze “che pur non ne sono proprietarie” – ha affermato lo stesso Sgarbi – a volerle renderle accessibili al pubblico magari consentendone l’esposizione in altri musei italiani. Secondo il critico pecca di “idiozia criminale” chi pensa di voler tenere a tutti i costi in Calabria le due maestose opere, adducendo come motivazione la loro fragilità, laddove sono stati per secoli in balia delle correnti marine e in condizioni estremamente precarie e ad esse hanno persistito; ma soprattutto laddove sembra essere lontana la data di riapertura del Museo della Magna Graecia di Reggio Calabria che dovrebbe ospitarle.
Ma per Sgarbi i Bronzi sono stati un ottimo esempio da cui partire per definire il proprio concetto di contemporaneità, laddove con essa si definisce un qualcosa “che vive dentro di noi”, una “condizione che ci appartiene”, in luogo della quale anche i Bronzi possono definirsi contemporanei, in quanto portatori di “seducenza materiale”, e perché legati alla memoria storica di una comunità che li ha accolti una volta ripescati dai fondali.
E come la contemporaneità risiede in ciascuno, allo stesso modo si verifica con la sacralità o la spiritualità: quel qualcosa che porta l’artista a esprimersi attraverso le proprie opere.
Il rapporto tra l’artista contemporaneo e il divino, inteso come rappresentazione di soggetti sacri o religiosi è stato successivamente al centro dell’intervento di Sgarbi. In modo particolare la problematicità che sembra assumere questo rapporto quando uno dei due termini, ovvero il contemporaneo, si slega dal fattore cronologico per accostarsi maggiormente a quello ideologico. Laddove coincide, agli inizi del Novecento, con “la morte di Dio” e l’artista si trova in una sorta di empasse che supera anche grazie della tendenza avanguardista all’astratto. Ma come è avvenuto per il Neoclassicismo, anche l’artista contemporaneo, che ormai da secoli ha sdoganato la condizione della committenza, “può e deve ritornare al tema del sacro” – ha affermato Sgarbi – e può farlo sia percorrendo la via dell’avanguardia che sia astrattismo o concettualismo, sia rivisitando i canoni della tradizione figurativa. Attraversando quell’”ombra” come dice il titolo, che altro non è l’incombenza o l’influenza del divino, – usando le parole del critico – tema ormai “raro, forse desueto, ma non impossibile all’artista contemporaneo”.
Così ha avuto inizio il viaggio tra le diapositive commentate dal critico che si è soffermato in maniera particolare al recupero della Cattedrale di Noto – ricostruita dopo il crollo del 1996 – , che sta attualmente curando sulla base di canoni dell’arte tradizionale e cui hanno contribuito con il proprio lavoro diversi artisti le cui opere sono esposte alla Mostra al Museo dei Brettii e degli Enotri.
Molto partecipata e seguita con attenzione, la presentazione si è conclusa con i saluti del sindaco Mario Occhiuto, che ricordiamo essere egli stesso di formazione artistica, in quanto architetto; anche costui ha voluto esprimere il plauso nei confronti del lavoro di Mario Bilotti e del suo impegno culturale nella città di Cosenza, che ieri si è espresso in maniera ottimale nella coniugazione di due così interessanti eventi.
Prima di procedere con il taglio del nastro e l’apertura ufficiale della mostra, l’amministrazione comunale ha voluto esprimere la propria riconoscenza a Sgarbi consegnando il “Telesio d’argento”.
Giovanna M. Russo