ROMA – In Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, si è tenuta oggi 27 novembre, un’audizione del Presidente della Corte dei conti sull’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali e sul sistema contabile delle Regioni.
Nel corso dell’audizione sono state evidenziate le criticità legate all’avvio del processo di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti locali e dei loro organismi (come da D.lgs. n.118/2011 integrato e corretto dal n.126/2014).
I problemi emersi nei giudizi di parificazione sui rendiconti generali delle Regioni per gli esercizi 2012 e 2013, delineano un quadro che, pur scontando l’attuale diversificazione dei sistemi contabili delle Regioni, deve puntare, oltre al perseguimento dell’unitarietà tracciata, a scongiurare una rappresentazione dei conti del sistema regionale conseguente ad un’applicazione “personalizzata” delle disposizioni da parte delle singole Regioni.
È inutile richiamare l’importanza del tema dell’armonizzazione ai fini della trasparenza dei conti pubblici e delle verifiche sugli equilibri di bilancio : come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, il coordinamento della finanza pubblica richiede basi conoscitive univoche.
La conformazione degli enti territoriali ai principi previsti della programmazione, della contabilità finanziaria, della contabilità economico-patrimoniale e del bilancio consolidato sono, infatti, legati all’adozione del piano dei conti integrato, allo scopo di raccordare i conti delle amministrazioni pubbliche con il Sistema europeo dei conti nazionali.
L’uniformità delle regole contabili acquista maggiore importanza per le Regioni, storicamente dotate di sistemi contabili autonomi e, perciò, con maggiori ripercussioni sulla confrontabilità degli andamenti finanziari e gestionali e, quindi, sull’effettività dei controlli di legge.
Ora, non si vuole annoiare con le sterili risultanze delle difformità rilevate – ovvie per quanto anticipato – in relazione alla regione Calabria; è noto, peraltro, come l’avanzo di amministrazione sia stato parificato a 6.292,46 milioni di euro (a causa dell’insussistenza di residui attivi per 136,20 milioni).
Quello che è preoccupante ed occorre sottolineare è la criticità della nostra finanza. La scarsa liquidità di cui gode la nostra regione è da imputare, infatti, al fenomeno strutturale – così si esprime la magistratura contabile – dei pignoramenti in tesoreria che nel 2013 hanno raggiunto l’importo di ben 24,52 milioni : un fatto che, contemporaneamente alle anticipazioni di cui al D.L. n.35/2013 (quello recante norme per il pagamento alle imprese dei debiti della P.A.), in unione alle altre disponibilità, crea la possibilità che entrate a destinazione specifica vengano utilizzate per pagamenti di spese diverse da quelle originariamente previste.
Un’altra nota dolente è la gestione dei residui ; quelli passivi totali (di competenza e di esercizi precedenti) pari, nell’ultimo esercizio, a 1.147,51 milioni, costituiscono un importo che incide significativamente sulla situazione economico-finanziaria della regione e sui flussi di cassa. Ma la situazione riguardante i residui attivi è assai più grave, rappresentando il 96,51% del totale delle entrate accertate : ciò vuol dire che l’ammontare delle attività prodotte nell’ultimo esercizio coincidono con i crediti dell’Ente. Se si considera che la regione non è riuscita ad incassare i crediti precedenti al 2009 per un importo (2.046,14 milioni) pari al 33,51% dei residui attivi al 31/12/2013, l’effettiva esigibilità di tali crediti è più che un dubbio.
Anche la considerazione delle 22 società partecipate (per un valore complessivo, in quote detenute, di 72 milioni) fa emergere una situazione preoccupante : tra esse 7 presentano risultati negativi in tutto il triennio 2010/2012 e altre 7 in due esercizi, rappresentando i finanziamenti erogarti dalla Regione meri interventi di sostentamento all’esistenza delle società.
Eppure, in questa situazione sconsolante, c’è un aspetto peggiore : quello dell’indebitamento, pari a 1.260 milioni. Innanzitutto, anche per il 2013, non è stata allegata la dimostrazione di aver rispettato l’obbligo di cui all’ultimo comma dell’art.119 della Costituzione (esclusivo ricorso all’indebitamento per finanziare spese di investimento con connessi paini di ammortamento). E poi, non solo il decennio 2003-2012 ha registrato un flusso di cassa negativo pari a 14,35 milioni, quanto la situazione finanziaria relativa ai contratti derivati stipulati dai locali geni della finanza conferma profili di forte criticità nei termini del giudizio sulla loro convenienza ma soprattutto di antigiuridicità della loro stipula. Peraltro, si tratta di aspetti già rilevati dalla Sezione regionale di controllo della Corte per la Calabria, a fronte dei quali, l’inerzia dell’amministrazione regionale potrebbe produrre danni ancora maggiori.
Anche per ciò che riguarda il Servizio Sanitario Regionale si segnalano irregolarità in quanto con l’indebitamento per il ripiano del disavanzo del 2000 si sono coperti i pignoramenti contabilizzati nel 2012, relativi agli anni 2010, 2011 e 2012; né è stato ancora definito il processo di consolidamento degli enti rientranti nel S.S.R. con il rendiconto regionale.
Insomma, il quadro che emerge dai dati rende inutile ogni commento sugli stessi ed è indicativo dell’insana amministrazione regionale che si è consolidata nel tempo. Ed è a fronte di tale considerazione che risulta ancora più amara l’esclusione del M5S dalla composizione del futuro Consiglio regionale, un’esclusione dovuta principalmente alla dabbenaggine di coloro che hanno condotto irresponsabilmente la nostra campagna elettorale. Un’irresponsabilità che colpirà, purtroppo, tutti i calabresi che saranno ancora una volta governati da chi ne ha mortificato le legittime aspettative sinora.