COSENZA – Non si placano le manifestazioni di frustrazione per la richiesta di archiviazione per i due imputati, chiesta dal Pm,nel processo Bergamini. Online, suprattutto sul gruppo facebook “Verrità per Donato Bergamini, non si contano i commenti di rabbia e sdegno da parte di tifosi e amici dello sfortunato giocatore. E oggi arriva anche il “forte” comunicato dell’Associazione “Verità per Denis” che fa da seguito alle dichiarazioni di Doata Bergamini pubblicate ieri:
“Alla luce delle notizie emerse in questi giorni in merito alla richiesta di archiviazione prodotta dalla procura di Castrovillari, l’associazione ‘Verità per Denis’ Bergamini esprime vicinanza e solidarietà alla famiglia Bergamini, vittima di una decisione che rischia di infangare definitivamente la lunga ricerca della verità e della giustizia per la storia d’un fratello e d’un figlio, prima che un calciatore, ucciso ormai oltre 25 anni or sono, in una notte i cui contorni, protagonisti, e carnefici, faticano a palesarsi. Anzi, meglio, ad essere individuati.
L’unica certezza, oggi, è che a distanza di 25 anni, l’abominio che si è consumato il 18 novembre del 1989 ha prodotto nuove vittime. Non solo il giovane uomo di 27 anni, il giocatore affermato che amava vivere, ma anche la sua famiglia che ieri è stata privata di un figlio, un fratello, un compagno e un amico, e oggi è depredata della speranza. Tradita com’è, oggi, da una giustizia che si è curata della vicenda in maniera solo superficiale, che ci riconsegna la negazione della verità in merito a quella che continuiamo a inquadrare, giocoforza, come la più assurda, incomprensibile ed incompiuta storia di cronaca nera italiana.
Od, al limite, perseguendo quelle che erano i legittimi intenti della famiglia Bergamini e dell’Associazione ‘Verità per Denis’, la negazione della ricerca della verità, che si è interrotta bruscamente, mettendo a rischio quelle che sono state le tante novità emerse nel corso degli ultimi, stancanti e dolorosi, mesi. E dire che sono serviti oltre 20 anni per convincere qualcuno che qualcosa non andava, in quel che c’era stato raccontato. Che le tempistiche d’intervento di chi di dovere fossero opinabili, forse, lo sapevamo già. Ma che si potesse arrivare a costringere una famiglia a mobilitarsi, non solo fisicamente ed emotivamente, ma anche giuridicamente, a ridosso delle festività, non ce l’aspettavamo. Tanti sono stati i mesi a disposizione della Procura per avanzare questa decisione, e purtroppo, per chi non lo sapesse, pochissimi sono i giorni di tempo – a loro volta, dipendenti dal calendario e dai piani di ferie degli inquirenti – che si hanno a disposizione per visionare le carte ed eventualmente opporsi a questa scelta. Sarà quindi l’ennesimo Natale in balia degli eventi per chi aspetta che gli si riconsegni una verità che, del tempo, ora è sia vittima che figlia.
Perché Denis Bergamini – e adesso ciò è sotto gli occhi di tutti -, 25 anni fa, è stato ucciso. Lo disse, all’epoca, la perizia di un medico legale; lo hanno confermato le perizie dei RIS: nessun doppio fondo, nessuna doppia vita, nessun tuffo in piscina.
E per questo è dovere morale, oltre che professionale, delle forze dell’ordine e della giustizia italiana, dirci da chi, senza voltare il capo dall’altra parte come purtroppo in tanti, da quella notte ad oggi, hanno fatto. Rinchiudendosi in un’omertà che è servita solo a congelare la parte più esterna delle proprie coscienze macchiate, ed in un silenzio assordante che rimbomba oggi, più di prima, nelle stanze della giustizia e della società civile.
In queste ore, immediatamente seguenti alla clamorosa decisione da parte della Procura della Repubblica di chiedere l’archiviazione per entrambi gli indagati, nei nostri cuori il pulsare fragoroso del sostegno a qualcuno, alla ricerca di qualcosa, ha lasciato solo momentaneamente il posto allo sdegno ed all’incredulità. Un turbamento che, peraltro, viene ingigantito e pervaso anche dall’eco internazionale di un caso così anomalo da esser inevitabilmente divenuto oggetto di discussione, e dell’attenzione mediatica, in Canada, in Francia, in Irlanda ed in Spagna. Le barriere nazionali, d’altra parte, non sarebbero mai state sufficienti a contenere una singolarità così crudele ed impunita.
Detto ciò, e preso atto di quello che pare essere l’orientamento di chi prima ha illuso, a margine di pluridecennali sforzi non solo emotivi, ed oggi si ritrova a render vana la più giusta delle speranze, l’associazione ‘Verità per Denis’ si schiera con ancor maggior vigore al fianco della famiglia Bergamini e della sua causa, ed utilizza questa nota per ribadire la sua più profonda intenzione di continuare a supportarla, in ogni modo, tempo e luogo, finché anche una sola persona, al mondo, continuerà a chiedersi come è stato ucciso Donato Bergamini. Ecco perché continueremo a camminare, fieramente, al loro fianco, sentinelle di una verità che ci vogliono negare, testimoni del peso e delle cicatrici di un’ingiustizia che si rinnova da decenni.
Uno dei più illuminati giuristi del novecento, Piero Calamandrei, sosteneva che l’unico modo per trovare la Giustizia è esserle fedeli. Perché essa, come tutte le divinità, si manifesta soltanto a chi ci crede. Nostro malgrado, e nonostante il Santo Natale sia alle porte, da oggi ci sentiamo tutti atei”.