Alberto Angela a Lamezia racconta la ‘sua’ Pompei

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Vedere Pompei, quindi la storia, come qualcosa di vivo. Questa è la chiave di lettura dell’incontro che Alberto Angelaha avuto ieri con i suoi lettori a Lamezia Terme. Un evento ricco di stimoli che fin da subito ha superato le aspettative sia dell’autore che degli organizzatori.

Atteso quasi come una rockstar, in un contesto come quello del complesso museale che forse tutta quella gente insieme non l’aveva mai vista, l’autore e divulgatore scientifico non ha deluso quanti hanno sfidato l’angusta location per poter assistere alla presentazione del suo libro ‘I tre giorni di Pompei’. Gli organizzatori, nello specifico la Libreria Tavella, il Sistema Bibliotecario Lametino e l’Associazione Archeologica Lametina, di certo non avrebbero mai immaginato che l’arrivo di Angela a Lamezia avrebbe suscitato tanto scalpore. Eppure così è stato e le strette sale del museo, piene zeppe di gente pigiata in fremente attesa, sono risultate fin da subito incapaci di contenere sia l’entusiasmo che il numero dei partecipanti. Così, quando è scattato il segnale, tutti i convenuti, tra cui molti bambini e lettori non più giovani, si sono spostati a flotta verso il Teatro Grandinetti, che si è addirittura riempito in pochissimo tempo.

Dopo un breve intervento degli organizzatori, che si sono assunti ogni responsabilità circa le errate previsioni di affluenza sgravando così le già minate spalle dell’Amministrazione comunale, la parola è finalmente passata al noto divulgatore scientifico che, dando prova delle proprie doti oratorie, ha allestito sul palco approssimato del teatro cittadino un intenso monologo. Nella sala è subito calato un lungo silenzio carico di rapita attenzione.

Dapprima Alberto Angela ha confessato che gli sarebbe piaciuto parlare del passato in una ‘bellissima collocazione’ quale sarebbe stata appunto il museo archeologico lametino, che finalmente dopo nove mesi è stato riaperto. “È importante poter parlare del passato in una struttura dove trova casa”, ha esordito. Ma il passato trova casa anche in un teatro sul cui palcoscenico hanno ripreso a vivere, per poco più di tre quarti d’ora, le cittadine di Pompei ed Ercolano nei tragici tre giorni della loro scomparsa.

Alberto Angela ha ripreso i fili del discorso approfondito nel libro, illustrando una quotidianità non tanto dissimile dalla nostra e facendo luce su questioni che, nella maggior parte dei casi, abbiamo dato per scontate. “La pagina del passato è piena di sorprese”, ha continuato, svelando poi ai convenuti quali di queste sorprese hanno riguardato da vicino il dramma di Pompei ed Ercolano. Innanzitutto, l’autore ha posto un interessante focus sulla questione della data, che secondo indagini approfondite risulta ricadere tra il 23 e il 25 ottobre, non invece il 24 agosto come originariamente creduto. Angela sostiene che con molta probabilità l’errore a monte di questa incongruenza è da individuare in una traduzione sbagliata di una delle lettere di Plinio il Giovane. Svelato questo mistero, l’autore si è soffermato sugli aspetti di mera quotidianità, descrivendo il contesto sociale ed economico delle due cittadine campane all’epoca dell’eruzione e mostrando come alcune delle loro abitudini, vizi e virtù fanno parte del nostro bagaglio culturale oltreché del nostro modo d’agire contemporaneo. “Romani siamo noi. E noi siamo i Romani”, ha ripetuto Angela, mostrandoci allo stesso tempo una Pompei in rottura con quella che i racconti comuni ci hanno insegnato a immaginare. La città era in crisi, in preda a uno stato d’emergenza che aveva spinto gli aristocratici a darsi alla fuga, vendendo agli ex schiavi liberati le rispettive proprietà. Era una città sfiancata dai continui terremoti, tra i quali l’ultimo si era proprio verificato una manciata di giorni prima dell’eruzione costringendo gli abitanti a darsi da fare con i lavori di ristrutturazione. Insomma, una cittadina che si dava da fare, nel cuore dell’impero romano. Poi avvenne l’impensabile. La fine del mondo. Arrivarono la grandine, il calore, la cenere e la lava. Tutto fu sommerso e tale rimase fino al Settecento, quando Pompei ed Ercolano iniziarono a riaffiorare e a pretendere un posto nel panorama culturale mondiale.

L’impegno di Alberto Angela nei confronti degli scavi di Pompei ed Ercolano è quanto mai concreto, tant’è che con l’acquisto di questo volume, un euro verrà destinato al restauro degli affreschi.

La storia siamo noi, dunque. È vero. Non abbiamo scampo, siamo braccati da ricordi collettivi che dobbiamo tutelare, proteggere e spingere verso il futuro. Il futuro è la storia, non può essere altrimenti. Per usare le parole dello stesso Angela, la storia e i reperti archeologici rappresentano “un tesoro inimitabile che si proietta nel futuro” e che nessuno potrà mai sottrarci. E il volume proposto in questa occasione non è altro che uno dei tanti mezzi messi in circolazione per proteggere parte di un simile tesoro proiettandolo verso il futuro.

Daniela Lucia

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