LAMEZIA TERME – Capita di rado la fortuna di trovare, nel marasma dei giovani autori, delle opere che si possano considerare mature a prescindere dall’età anagrafica di colui che le ha generate. Succede infatti (e accade spesso in un Paese in cui tutti scrivono e pochissimi leggono) di imbattersi in lavori superficiali, malamente o poco curati, immessi nel mercato in base a mere aspirazioni autoreferenziali, privi dunque di un qualsiasi obiettivo e mancanti di quel fondamentale patto con il lettore che dev’essere inscritto in ciascuna opera letteraria che possa fregiarsi di un simile titolo. Capita di rado, dicevo, eppure quando capita non rimane che accogliere l’evento a braccia aperte e con mente elastica, cercando di far propri tutti quei piccoli impegni che pagina dopo pagina l’autore ha assunto su di sé. Questo è proprio ciò che è accaduto con la lettura di un romanzo uscito di recente per i tipi della Talos Editrice, piccola e giovane realtà editoriale del cosentino. L’opera, dal titolo evocativo ‘Di donne e altre onde’ scritta dall’autrice nonché co-editrice Roberta Lagoteta, è stata presentata ieri pomeriggio, 11 aprile, su corso Numistrano a Lamezia Terme, città della scrittrice. L’evento, particolare nel suo genere in quanto è stato concepito all’aperto in un soleggiato ma fresco pomeriggio di una primavera ancora timida, si è arricchito del contributo di Giuseppe Gigliotti, presidente di ‘Italia Nostra’, associazione attiva nella valorizzazione del patrimonio culturale del territorio, e dell’editore Osvaldo Tartaro, che ha incalzato con quesiti indagatori le scelte e le dinamiche per le quali l’autrice ha optato nel lavoro di scrittura.
Prima di entrare nel vivo della discussione e di soffermarci sui punti messi in evidenza dalla Lagoteta, che ha anche letto alcuni brani della sua opera, risulta quanto mai opportuno capire di cosa stiamo parlando, mettendo in evidenza le ragioni che rendono questo godibile romanzo un lavoro ben fatto. Se intendiamo lo scrittore alla stregua di un artigiano delle parole e del pensiero, dopo la lettura di ‘Di donne a altre onde‘ possiamo considerare di alta qualità la bottega presso la quale Roberta Lagoteta si diletta nei suoi ‘traffici’ di scrittura. Il romanzo si presenta infatti come una carrellata di ‘stanze’ descritte in maniera ricercata e raffinata, avvalendosi di una narrazione fluida che riesce a tenere alta la soglia di attenzione dall’inizio alla fine, senza mai cadere in banalità e ‘giochi’ troppo semplici o addirittura scontati. “Per quanto riguarda lo stile, apprezzo le molte sfumature della lingua italiana e le possibilità che riesce a offrire. Tra queste uno stile anche barocco che a volte viene criticato e considerato un difetto, ma che io considero una possibilità se rivisitato in chiave moderna. Poi uno stile che può definirsi impressionista se vogliamo fare un paragone con le arti figurative. Perché va a richiamare delle sensazioni olfattive, tattili, visive. Mi piace molto questo impatto sensoriale con il lettore”, ha chiarito la Lagoteta.
La storia è una vicenda abbastanza comune, o si potrebbe ben dire che si è al cospetto di album di vicende comuni che si intersecano le une con le altre, in un continuo rapporto di dipendenza. O di co-dipendenza, come la stessa autrice ha sottolineato più volte. Le donne sono onde, echi tumultuosi che plasmano la terra lasciandosi trasportare dal vento possente. Le protagoniste sono donne che ‘costruiscono’ la propria vita, magari sbagliando, ma sostenendosi ciascuna con le proprie forze. “Viene descritta una generazione che è un po’ la mia, quelli che erano adolescenti negli anni Novanta. Non è fatta di sconfitti, bensì di vittime. Ma sono anche persone che hanno scelto di vivere ai margini perché non condividevano i modi di pensare imperanti in quel periodo. Poi le problematiche sono anche frutto di un’epoca, perciò una sorta di dipendenza affettiva che non è soltanto una caratteristica della fascia giovanile. È una co-dipendenza. Anche gli adulti rischiano di essere dipendenti dai comportamenti giovanili, quindi non riescono a essere dei punti di riferimento. Alcuni di questi giovani dicono ‘ci avete tolto il futuro’, ma in realtà ci hanno tolto il presente perché non riusciamo a essere gli adulti che dovremmo essere”.
Introducendo la conversazione con l’autrice, Giuseppe Gigliotti ha messo le carte in tavola fin da subito: il libro è un’opera forte. “Denota la volontà di non dimenticare ciò che è accaduto” e genera altresì la bulimica ricerca della fine, alla stregua di una lettura senza scampo dove in “ogni pagina si trova la spinta per arrivare alla successiva. La spinta per fare luce. Tutto questo rappresenta la vita nelle diverse accezioni. Vi sono pagine crude. L’autrice si spoglia con un linguaggio determinato. È il linguaggio della vita, di chi patisce torti enormi. Tant’è che è proprio questo che ci dice, ci ammonisce di non dimenticare i torti per evitare di ripeterli. La dipendenza appare non come rinuncia, bensì come percorso di vita che conduce a uno sconvolgimento. Il libro è forte, ma di una tenerezza estrema”.
Ritornando sulla propria esperienza di autrice, la Lagoteta ha spiegato di individuare nella scrittura uno strumento espressivo immediato, il cui stimolo non può che essere la lettura. E la scrittura non deve essere vuota, ma è investita di un compito. “La scrittura ci permette di modificare la realtà. Lo scrittore è uno chef che sceglie i suoi ingredienti. Un romanzo deve assolvere a un compito che è quello di suscitare emozioni legate ai sensi”.
L’incontro su corso Numistrano si è altresì rivelato come proficua occasione per illustrare le dinamiche e gli obiettivi editoriali che una giovane realtà come la Talos si è prefissa. Il parere dell’editore Osvaldo Tartaro è che sia necessario recuperare la figura dell’editore come mediatore del circuito culturale e come “amplificatore di voci”.
L’editore ha poi sottolineato che la presentazione del volume proseguirà lungo il cammino della ‘Primavera dei libri Talos’ con appuntamenti a Trieste il 5 maggio presso il Caffè San Marco e a Roma il 21 maggio presso lo Spin Time Labs. Ma l’evento culmine sarà l’incontro coi lettori al Padiglione 1 del Salone del Libro a Torino il 17 maggio.
L’evento di ieri si è concluso con un proposta lanciata da Giuseppe Gigliotti ai lametini di metter su un caffè letterario dal quale e tramite il quale far partire nuove idee e un più maturo impegno culturale per la città della Piana.
Daniela Lucia