RENDE (CS) – Al MAON, Museo d’Arte dell’Otto e Novecento di Rende (Cs) si inaugurerà domani pomeriggio (9 giugno 2018) alle ore 18:30 la mostra “ANNA ROMANELLO / Fotografia e memorie” a cura di Barbara Martusciello e Tonino Sicoli, con opere pittorico-fotografiche, incisioni verbovisive, libri d’artista e oggetti della poliedrica artista-performer di origine calabrese ma francese di formazione. Nel corso della serata verrà presentato un video di Enrico De Bernart, dedicato ai suoi lavori.
BARBARA MARTUSCIELLO
Nata a Corigliano Calabro dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano la Romanello si è trasferita a Parigi, all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts e all’Atelier 17 di S.W. Hayter, dove si è specializzata in tecniche grafiche e ha sperimentato nuove metodologie con artisti e incisori di fama internazionale. Ritornata a Roma, ha lavorato alla Calcografia Nazionale e all’Accademia di Belle Arti di Roma dal 1986 al 2016 come docente di Tecniche dell’Incisione. Ha partecipato, fra l’altro, a “IIe Manifeste du Livre d’Artiste” al Centre Georges Pompidou di Parigi, “Parcours” al Festival d’Avignone e “21th International Biennal of Graphic Art” di Ljubljana.
Scrive Tonino Sicoli: «La materia si smaterializza, l’immagine si fa luce. Così Anna Romanello affronta il passaggio linguistico fra le tecniche e le poetiche, fra l’ambito semantico e quello manuale. La pratica artistica ha un vantaggio sulla registrazione della realtà, nel senso che va oltre l’apparenza e scopre l’essenza, frugando nella profondità del senso e scavando nell’inconscio. A punta di bulino e di sguardo incisivo Romanello sfiora la superficie dell’ignoto, lo rapisce e lo inverte in un messaggio forte e intrigante.”
Precisa Barbara Martusciello: «L’artista rende tutto questo una sinfonia che sana le contrapposizioni o, quantomeno, le affianca in un rapporto di non belligeranza. Non è esclusa una qualche drammaticità in questa sua inter/azione, dato che avviene con un corpo a corpo con la pittura, anche quando si tratta di segno, disegno, incisione, strappo; insomma, una dose di pathos nel suo lavoro c’è e resta: l’espressionismo gestuale, assai combattente, di Emilio Vedova non le è del tutto estraneo, e nemmeno un azionismo astratto che prevede l’impiego di molta fisicità per dipingere, marcare e graffiare opere spesso di grandi dimensioni, che posiziona anche a terra quando vi interviene; e nemmeno Alberto Burri è sconosciuto alla sua pratica polimaterica, che – abbiamo detto – comprende la cesura, la scalfittura, la lacerazione, l’affiancamento di materie diverse e, quindi, una ricerca di altra forma. Ciò sottolineato, il risultato è sorprendentemente armonico. Abbiamo visto come Anna riesca a muoversi indifferentemente tra esercizio pittorico, talvolta con l’installazione – non va dimenticata! – e abitualmente con l’incisione e sempre più con l’introduzione della fotografia, e come ogni trattamento anche netto di tecniche e materie riesca a determinare una inconsueta eufonia. Allora: anche il passato e il presente, come concetti e come reali presenze, nelle sue opere convivono in un muto accordo e talvolta in una corrispondenza di amorosi sensi: molte di quelle stimolate dal meraviglioso sito archeologico capitolino delle Case Romane del Celio, poi ivi esposti in una bella mostra ad hoc, lo dimostrano.»
La mostra, che resterà aperta fino al 14 luglio 2018, è organizzata dal Centro A. Capizzano di Rende, col patrocinio del Comune di Rende e con la collaborazione del Centro Alpeh di Lamezia Terme.