Calabria sì, Calabria no: a Villa Rendano i giovani si interrogano se partire o restare

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restare in calabria 8e30Cosenza- Calabria sì, Calabria no. Perché andare? perché restare? Non è il titolo di un film, né di una pubblicità. Lo hanno scelto i ragazzi dell’associazione “L’eco-Giovani Idee”, promotori del convegno, avvenuto a Villa Rendano, moderato da Raffaella Aquino, in collaborazione con “Progetto Villa Rendano”, rappresentato da Walter Pellegrini, per discutere, l’ormai ricorrente tema, della fuga dei cervelli dal Sud Italia. Una vera e propria emergenza, stando a quanto raccontano le statistiche che, solo nel 2015, ha visto evadere, più di 4.000 giovani. Neolaureati o giovani diplomati che, seppur spesso animati dal bisogno e dalla voglia di restare, si ritrovano a far fronte alla mancanza di lavoro o alla scarsa possibilità di farne uno diverso da quello del classico call center. A partecipare al dibattito, in un rincorrersi di testimonianze, una platea di “esperti”, giovani e meno giovani, che hanno reso nota la loro esperienza, sottolineando, perennemente, come al centro di ogni decisione dovrebbe esservi la possibilità di scegliere. Un concetto ribadito, negli ultimi tempi, anche da qualche personalità di successo, assolutamente vero e meritevole nelle parole, poco applicabile nella sostanza.  Se da un lato, infatti,  testimonianze e personalità come AnnaLaura Orrico, co-founder del Talent Garden Cosenza, la realtà di coworking digitale basata sul concetto di collaborazione  e innovazione, accrescono entusiasmo e danno ancora voglia di sperare, dall’altro ci sono i progetti iniziati e mai finiti di cui si fa portavoce la politica regionale, i vari “garanzia giovani” che promettono lavoro e non ne danno, i pregiudizi, male assoluto della Calabria, che inibiscono il coraggio di osare, soprattutto se di stampo femminile, e modellano tutti ad immagine e somiglianza, istruendo sin da piccoli a rinunciare.

E allora ben vengano i coraggiosi esempi di chi, come Michela Curcio, giovanissima ventenne emigrata in Irlanda, si racconta, con una viva luce negli occhi, senza  filtri. Per lei essere una vera calabrese significa riconoscere  e apprezzare ciò che esiste al di fuori del suo territorio e scalfirne le differenze. In tutti questi anni, racconta, “mi sono resa conto che il concetto di parità dei sessi, nel 2016, è ancora un’illusione. In Calabria, la gente lotta con il concetto di realtà patriarcale, le donne sono mogli e madri. Io, andando via, ho scelto di esercitare il “diritto alla carriera e all’indipendenza”. Se c’è qualcosa, però, a cui dovremmo lavorare, quelli sono i trasporti. Viaggiare da uno Stato all’altro comporta denaro e fior di quattrini e chiunque, ha bisogno di tornare ogni tanto.” A lei, si oppone l’altrettanta gioia della redazione “La Voce del Borgo”, rappresentata da Francesco Plastina. Con leggerezza e ilarità, Francesco racconta un altro lato della medaglia, di chi anche tra i vicoli poco abitati di un centro storico, esercita la voglia di fare e quella di migliorare la realtà in cui vive. Del resto, se fosse vero quanto sostiene il prof. Barberi, ciò di cui soffre la Calabria non è diverso dalla malattia che affligge l’Europa intera, seppur in uno stadio più avanzato.” Mentre nel resto del mondo si applicano le cure, però, nella terra dell’ “improbabilità infinita”, dove se qualcosa accade è solo per un caso accidentale, ci si crogiola tra le lamentele, i “vorrei ma non posso”, i “che cosa vai a fare” e le convinzioni che chi parte è un vigliacco, chi ritorna uno straniero. La risposta, in termini pratici, non è data conoscerla, poiché attiene alle esperienze e alle predisposizioni di ciascuno, ma una cosa è certa. In Calabria e ovunque, il vero successo, è di chi agli stereotipi e ai preconcetti, antepone passione e l’ambizione di “fare”.

Lia Giannini

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