“Capire il mondo attraverso l’intelligence”. Lezione di Carlo Jean al master dell’Unical

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RENDE (CS) – «Le dinamiche mondiali vanno comprese per quello che effettivamente sono». È questo l’insegnamento della lezione che Carlo Jean, Generale dell’esercito italiano e docente di geopolitica, ha tenuto al Master in Intelligence dell’Università della Calabria. Introdotto dal direttore del master Mario Caligiuri, Jean ha illustrato il suo punto di vista sulle dinamiche mondiali e sul conseguente ruolo dell’intelligence. Ha iniziato spiegato il recente intervento americano in Siria, che si può inquadrare in ragioni di politica interna e di politica estera . Ha parlato poi dell’immigrazione, evidenziando che in Africa in un secolo si passerà dai 250 milioni di abitanti del 1950 agli oltre 2,5 miliardi del 2050, mentre in meno di un secolo la popolazione europea è passata dal 27al 6 per cento della popolazione mondiale. Si è quindi soffermato su quello che ha definito “l’inverno mediterraneo” seguito alle “primavere arabe”, frutto anche dell’illusione occidentale di esportare la democrazia attraverso i social network. In tale quadro, ha sostenuto, “il caos nel mondo arabo è destinato a durare”, anche perché è in fase di assestamento all’interno delle varie Nazioni, i cui confini sono artificiali in conseguenza delle politiche coloniali. «In queste realtà-ha spiegato- la fedeltà dei cittadini non viene rivolta allo Stato ma alle tribù, etnia, religione e clan, facendo coincidere il legame di sangue con quello politico. Inoltre nello scontro secolare tra sciiti e sunniti, l’Iran sta registrando un peso più significativo nello scacchiere del variegato mondo islamico, anche perché è uno Stato. Ribadendo che le ragioni della potenza delle nazioni nel breve periodo è ancora di carattere militare, nel medio periodo sarà invece di natura economica e tecnologica e nel lungo periodo dipenderà principalmente dalla demografia». Si è quindi soffermato sui rapporti tra Cina e India, tra Germania e Russia e tra Cina e USA. Jean ha poi precisato che «la stabilità politica nelle relazioni internazionali, così come in quelle economiche, rappresentano elementi essenziali. In tale quadro, il ruolo dell’intelligence diventa ancora più strategico di quanto fosse nel passato». Ha quindi affrontato il tema del terrorismo che finora ha comportato un costo di circa 800 miliardi di dollari, soprattutto per le misure aggiuntive di sicurezza, che per i danni diretti degli attentati, determinando una variazione dell’agenda politica ed economica a livello mondiale. «Attualmente – ha evidenziato – le percentuali della morte per terrorismo in Occidente sono inferiori di tre volte rispetto a quelle relative alle cadute nelle vasche da bagno. Ma la percezione del “rischio terrorismo” è altissima e molto differente dalla realtà, orientando le scelte politiche degli Stati. Non solo i costi sono enormi, ma si diffonde l’incertezza e aumenta la paura. Di qui l’importanza determinante della comunicazione istituzionale. Una possibilità potrebbe essere costituita, come nel caso britannico, dalla centralizzazione dell’informazione ufficiale, con il Governo che, fino a quando non sono chiari i fatti ed è sfumata l’ondata emotiva, adotta il silenzio stampa. Certamente, ha detto Jean, è difficile contrastare il “terrorismo fai da te” e i “lupi solitari”, ma l’aumento della cultura della sicurezza è una strategia fondamentale, poiché il contrasto deve contare sulla partecipazione attiva dei cittadini. Il generale ha poi affrontato il tema dell’uscita dall’euro. Dal suo punto di vista, potrebbe rappresentare per l’Italia un colpo mortale, incidendo nella solidarietà tra nord e sud del Paese. È errato attribuire all’euro – ha spiegato – la scarsa crescita dell’economia italiana. Lo dimostra la competitività dell’industria nazionale che mai come oggi ha realizzato un avanzo commerciale tanto rilevante. Esso è il doppio di quello del 1991». Inoltre, ha ricordato che in Lombardia ci sono 45 mila richieste di lavoro inevase e in province come quelle di Ravenna la disoccupazione è al 4 per cento, mente sono mille e cento le imprese italiane operanti in Turchia e più di seicento in Egitto. Jean ha poi ricordato che l’Italia è diventata una pattumiera nucleare, poiché la mancanza di un deposito centrale di materiale nucleare rappresenta un grave problema, non tanto per le scorie della vecchie centrali, quanto per l’aumento dell’uso del nucleare in medicina e nell’industria. Infine ha ribadito che anche nel nostro Paese c’è il rischio di attentati e in questo quadro l’intelligence è determinante anche se non si può assegnarle in esclusiva questo immane compito. Esso richiede la partecipazione attiva dei cittadine da stimolare con la diffusione della cultura della sicurezza.

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