COSENZA – «In piena emergenza da infezione da COVID 19 quotidianamente continuiamo a chiederci se la nostra regione sia in grado o meno di far fronte all’epidemia, spostando spesso il centro del dibattito sull’assistenza ospedaliera». È quanto scrive il dottor Antonello Capano, medico di base di Belvedere Marittimo, rappresentante del Distretto del Tirreno della Federazione Italiana dei medici generici. «Le immagini di medici, infermieri, OOSS, con il viso segnato da fatiche e maschere protettive sono commoventi; le testimonianze di chi ha vissuto la malattia come paziente, e talora anche operatore sanitario, raccontano di esperienze terribili, pur potendo usufruire delle migliori terapie farmacologiche e di supporti ventilatori eccellenti», dichiara ancora Capano.
«E proprio chi ha vissuto e sta vivendo esperienze di questo tipo – continua -, unitamente a specialisti infettivologi, virologi, epidemiologi, lancia un messaggio chiarissimo: la battaglia si combatte anche e soprattutto sul territorio. In ospedale si arriva quando il virus ha già causato gravissimi danni, bisogna fermarlo prima, impedendogli di circolare! Può darsi che come regione abbiamo dunque un’occasione per scrivere anche noi una pagina di buona sanità, come viene da più parti suggerito: abbiamo ancora tempo, sebbene poco, per combattere meglio sul territorio la nostra battaglia. Come? Incrementando la quantità di tamponi per stanare il più possibile i portatori d’ infezioni asintomatiche ed oligosintomatiche, quelle della porta accanto, le infezioni che porterebbero ad amplificare le misure d’isolamento per altre ignare persone vicine. Significa rinforzare il concetto dell’“ io resto a casa”, con la consapevolezza d’istituire un vero lavoro di prevenzione».
«Ma non basta. Ci sono persone che comunque devono continuare a lavorare e ad uscire di casa: sono gli operatori sanitari non ospedalieri, che si trovano sulle ambulanze come volontari, nelle guardie mediche, nel 118 ed i medici di famiglia. E questi operatori vanno messi in condizione di essere protetti. E’ mortificante girare per uffici per chiedere dispositivi di protezione che rappresentano proprio il “minimo”, DPI FFP2/FFP3, sentendosi dire, dopo qualche altra scusa, “sono finiti dieci minuti fa”… No, non è accettabile». Tuttavia «Questo però non è il momento delle polemiche, è il tempo della lotta: possiamo ancora imboccare, pur fra mille difficoltà, un “sentiero” diverso. Ma che sia ben chiaro: lotte contro il COVID 19 sul territorio sono difficili da vincere senza tamponi a tappeto, protezione degli operatori, e serie misure d’isolamento».