Cosenza, la denuncia degli infermieri sotto stress in ospedale

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COSENZA – Fausto Sposato, presidente Ipasvi, l’Ordine degli infermieri calabresi,  urla tutta la rabbia della categoria per una situazione al quanto disastrosa dell’ospedale bruzio. Infermieri sotto stress, turni massacranti, poca turnazione e assunzioni che tardano ad arrivare. «Le criticità del Pronto Soccorso di Cosenza sono evidenti e durano da tempo. Il primo fattore è un ricorso sconsiderato delle persone che si rivolgono al Pronto Soccorso anche per codici bianchi o verdi ( dunque non gravi) che sono il 70% dell’utenza. Casi non gravi dunque, ma il cittadino si rivolge comunque all’Hub di Cosenza perchè convinto che abbia tutti gli strumenti specialistici, sottovalutando di fatto gli altri presidi che di conseguenza sono vuoti o destinati a chiudere. Qui si vede il fallimento del modello Spoke e Hub troppo statico e non accompagnato da un sistema perchè gli utenti non si ‘fidano’ degli ospedali cosiddetti “minori” e dunque si riversano al Pronto Soccorso di Cosenza convinti di ricevere maggiori risposte». C’è però anche altro, per Sposato. «La congestione alla struttura ospedaliera di Cosenza è certamente la chiusura dei Nuclei di Cure Primarie che in qualche modo riducevano gli accessi di codici bianchi o verdi al Pronto soccorso», spiega. Medici, infermieri e operatori non hanno gli strumenti e i tempi per dare risposte, a volte anche verbali. «Ecco perché in molti paesi europei si sta puntando molto sul concetto di “alfabetizzazione sanitaria, ovvero spiegare agli utenti le dinamiche della sanità per coinvolgerli ed evitare situazioni incresciose. Oggi  non ci si rende conto dello stress cui vengono sottoposti gli operatori che vengono aggrediti verbalmente e, molte volte,  anche fisicamente. Il senso civico dei cittadini è importante in tutti i settori, dall’ambiente alla sanità fino al rispetto del lavoro degli altri». Cosa fare allora?  Per ovviare ai casi meno urgenti, la medicina territoriale «andrebbe riorganizzata puntando sull’assistenza territoriale. La gente  chiede meno medicina e più assistenza. Anche gli infermieri che io rappresento -spiega Sposato – non riescono più ad instaurare quella relazione di aiuto a cui il cittadino ha diritto e che lo stesso cittadino chiede. L’80% degli operatori sanitari – insiste Sposato –  soffrono della sindrome di Burnout che è in pratica l’esito patologico di un processo stressogeno che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti  impegnati in attività che implicano le relazioni interpersonali. Si procede alla nomina di dirigenti ma, nonostante le linee guida regionali lo prevedano, non sono stati nominati i Dirigenti del Servizio delle professioni sanitarie e sociali. Sarebbe un passo importante verso la soluzione dei tanti problemi legati all’assistenza ed alla gestione delle risorse. Si parla spesso ed a sproposito di casi di malasanità ma fino ad ora nessuno ha avuto il coraggio di dire che molti dei problemi non sono legati all’azione degli operatori sanitari, ma spesso riguardano i settori amministrativi, dirigenziali, di gestione, di servizi tecnici. Non si fa in tempo a nominare un qualsiasi responsabile o dirigente che subito si provvede ad eliminare la vecchia modulistica ed a  fare stampare quantitativi di modulistica nuova quando basterebbe stampare un unico modello sovrapponendoci semplicemente il timbro del responsabile o dirigente. Eppure ogni anno si buttano via migliaia di euro per narcisismo ed autocelebrazione senza sapere che non sono i titoli che fanno le persone e né la carta intestata. Io sono dell’idea che in Calabria esistano delle eccellenze e c’è una sanità che funziona; allora prendiamo quei modelli ed esportiamoli su tutto il territorio regionale. Ma per fare questo si deve avere il coraggio di cambiare e gli infermieri sono pronti, già da tempo, al cambiamento».

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