RENDE (CS) – Si è svolto questa mattina all’Università della Calabria l’atteso incontro tra un gruppo di docenti e i rappresentanti dei Comuni per discutere sulle ragioni della proposta di legge di iniziativa popolare, promossa dal Comune di Firenze e fatta propria dall’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), sull’introduzione dell’educazione alla cittadinanza nei curricula scolastici di ogni ordine e grado, come materia autonoma con voto.
Testimonianze importanti
È stata Angela Costabile, psicologa dello sviluppo, ad aprire i lavori, ricordando il significato di alcune parole-chiave di un incontro che può e deve trovare uno spazio di contaminazione tra discipline diverse: “condivisione, co-costruzione della conoscenza e sviluppo morale e sociale”. A seguire l’introduzione di Spartaco Pupo, storico delle dottrine politiche, che ha spiegato il senso dell’evento da lui organizzato, ha tracciato la storia del concetto politico di “cittadinanza” come relazione di “appartenenza” a una comunità politica e ricordato il valore della terza missione dell’università, consistente nel dialogo fecondo con il territorio per la creazione di “beni pubblici” e la formazione di una cittadinanza “consapevole, critica e propositiva”. L’assessore del Comune di Cosenza Matilde Spadafora Lanzino si è soffermata sul valore che le vicende personali come la sua, “mamma di Roberta”, possono assumere non certo per un “ritorno alla ferinità” ma per l’affermazione della cittadinanza intesa come difesa della legalità e dello stato di diritto, cui ella stessa ha fin qui voluto improntare la sua azione di amministratore locale. Gianluca Callipo, intervenuto nella duplice veste di sindaco di Pizzo e presidente dell’Anci Calabria, ha illustrato la proposta di legge e portato la testimonianza dei piccoli comuni calabresi impegnati nella non facile creazione di momenti di condivisione civica e fruizione di spazi pubblici, veri fondamenti della cittadinanza. Giancarlo Costabile, storico della pedagogia, ha denunciato l’involuzione di una scuola italiana che da strumento di composizione della frattura tra stato e società si è trasformata in un “mega progettificio” che istituzionalizza il caos, rispetto al quale l’educazione alla cittadinanza come disciplina autonoma rappresenta un “nucleo di resistenza”. Paola Helzel, filosofa del diritto esperta, ha individuato nel fenomeno migratorio e nella globalizzazione gli elementi che “hanno sconvolto le categorie del diritto” e che, nel caso italiano, possono ricomporsi ripartendo dalla cittadinanza come adesione alla Costituzione e alla serie di “doveri” che essa prescrive: solidarietà, memoria, educazione alla felicità, responsabilità. Antonella Reitano, aziendalista, si è soffermata sul bisogno umano dell’autorealizzazione come categorie economico-sociali e morali, nonché sull’obbligo del “rispetto dei diversi”, in particolare dei bambini adottati, che in Italia non hanno ancora pieno diritto alla cittadinanza. Le conclusioni sono state affidate al politologo Francesco Raniolo, che ha ricondotto la cittadinanza al tema più ampio della cultura politica fondata “sulle esperienze”. La comunità politica – ha detto – non può risolversi unicamente nelle istituzioni, nelle regole e nella produzione di beni comuni e fare a meno della dimensione morale; l’educazione alla cittadinanza s’intreccia con lo “step building” dello Stato e oggi, una volta superati i “partiti etici”, implica la tolleranza, la non violenza, il pluralismo culturale e la partecipazione attiva di “cittadini e istituzioni dialoganti ed estroversi” che contribuiscono alla buona qualità della democrazia.