LAMEZIA TERME (CZ) L’unico centro regionale fibrosi cistica è senza medici: i livelli essenziali di assistenza non sono garantiti, denuncia l’associazione Respirando la Vita. L’associazione di pazienti e familiari sta raccogliendo le segnalazioni: c’è chi ha bisogno di sapere cosa fare a fronte di una brutta influenza, chi non può avere i risultati delle analisi, chi non può ricoverarsi per fare il ciclo per endovena, chi non può essere istruito per imparare gli esercizi respiratori, chi apprende di avere la fibrosi cistica e si ritrova in un contesto assolutamente precario, chi ha dei guasti agli apparecchi aerosol e non trova nessuno che possa guardarli, chi non può fare i controlli necessari. Disagi gravissimi, molto seri se si considera che chi ha la fibrosi cistica non può perdere nemmeno un giorno di cure.
Il centro è stato trasferito nell’ospedale di Lamezia Terme nel 2014. Da allora, tutti i medici e il fisioterapista respiratorio sono stati precari. A mano mano, si è arrivati a un punto di non ritorno: come personale medico, sono rimasti solo il direttore (un pediatra) e la psicologa. Da quanto noto, al momento, non c’è nessun medico.
Sit-in di protesta
Nei giorni scorsi, pazienti e familiari hanno fatto un sit-in di protesta per ribadire il diritto alla salute e la richiesta di buon senso che vanno ripetendo da anni: personale medico esperto di fibrosi cistica e stabile. Secondo gli standard di cura europei, l’organico strutturato dovrebbe essere composto da 2 pediatri, 2 fisioterapisti respiratori e 2 pneumologi, esperti di fibrosi cistica. Pazienti e familiari, perciò, fanno un appello alle istituzioni per risolvere il problema fibrosi cistica in Calabria in modo definitivo e adeguato ai bisogni, anche in ottemperanza alla legge 548 del 1993 (disposizioni per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica).
Di seguito, la lettera di Lucia fa capire che cosa voglia dire, in questo momento, avere la fibrosi cistica in Calabria.
«Mi chiamo Lucia, ho 44 anni, sono affetta da fibrosi cistica e dipendo dal centro F.C. regione Calabria di Lamezia terme. Sono nelle liste trapianti polmonari del centro Ismett Palermo. Da questo si può benissimamente dedurre che la mia situazione clinica non è delle più rosee.Sono 4 anni che il nuovo centro è aperto e, con esso, in noi pazienti si era aperto un grande canale della speranza, avremmo avuto palestre, fisioterapisti, stanze idonee e medici specializzati che si sarebbero presi cura di noi, invece siamo rimasti con un pugno di mosche. Per quanto riguarda la cura e l’accortezza dei dottori, c’è stata e, a dir la verità, io, e penso anche gli altri, con le dottoresse, ci siamo trovati veramente bene, grazie alla loro disponibilità e la loro umiltà siamo riusciti a costruire un rapporto di fiducia e di grande rispetto. Il problema è che purtroppo la burocrazia ha messo letteralmente il centro in ginocchio, siamo rimasti con un solo dottore, che sicuramente è una figura importantissima e capace, ma da solo è completamente inutile; in più non abbiamo un fisioterapista respiratorio dal mese di luglio del 2017, anch’esso una figura preziosissima per la nostra patologia, anzi fino alla data sopracitata, il fisioterapista respiratorio è stato pagato dall’associazione “Respirando la Vita”, che si sta impegnando molto in questa direzione, altrimenti non ci sarebbe stato. Io ho paura, ma tanta paura perché questa situazione precaria mi mette un’ansia che mi rende difficile l’approccio con le terapie. Io sono con l’ossigeno 24 ore al giorno e di queste 24 ne passo almeno 10 con un’altra terapia, respirazione ventilata, la mia condizione e grave e a me servirebbe tanta tranquillità, cosa che, con questo casotto al centro, che ora siamo rimasti con solo un dottore, non posso avere. Io, con mio marito combattiamo tutti i giorni facendo tutto quello che c’è da fare per non morire e lasciare una bimba orfana e invece ci ritroviamo con i bastoni tra le ruote messi proprio da chi ci dovrebbe dare sollievo e, cosa più importante, fiducia e forza di volontà. Invece ci hanno abbandonati, e purtroppo qui c’è tanta gente che non può e non vuole portare i suoi cari in altri centri e in altre regioni. Ho tanta paura, mio marito lavora sempre lontano con il camion e vorrei che, quando parte, non dovrebbe portare con se altre preoccupazioni del trapianto, della malattia in se stessa, quelle di sapere che vado a fare il ciclo in un centro dove non si può fare quello che si deve fare. Ma come è possibile che possa succedere una cosa del genere? Non potevano lasciare quelle Dottoresse, visto che hanno fatto un lavoro eccellente e hanno fatto dei master? Hanno trascurato le loro famiglie per far si che i pazienti stessero bene e tranquilli: non finirò mai di ringraziarle. Ecco che mi vengono in mente tanti perché e tanti se, cosa ci rimane in Calabria? Voglio solo che le cose si sistemino, voglio solo vivere per me, voglio vivere per la mia bambina e per mio marito e non lo trovo giusto che, per queste beghe burocratiche, ci vanno in mezzo vite di persone innocenti che hanno avuto solo la sfortuna di trovarsi dall’altra parte del fil di ferro».