FRANCAVILLA ANGITOLA (VV) Si è tenuto alle 10,30 nell’Oratorio Parrocchiale in Piazza Solari, l’incontro che il comune di Francavilla Angitola, grazie all’organizzazione di Anna Fruci consigliera alle pari opportunità, ha voluto dedicare alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Titolo significativo “Il coraggio di uscire dal silenzio”, che vuole porre l’accento sul fatto che anche in piccole realtà come quelle di Francavilla spesso il reale problema è la paura, il timore delle donne di essere additate e colpevolizzate per errori che non sono i loro.
Sono intervenuti, insieme alla Consigliera e al Sindaco Pizzonia, Maria Pia Masè in veste di presidente dell’ass. Donne per le donne, la psicologa Caterina Gimigliano e l’avvocato Giuliana Caruso. Il tutto è stato possibile grazie alla collaborazione del parroco e di tutti i ragazzi che hanno preso parte all’evento in maniera attiva.
Un inizio importante ha segnato questa giornata, la proiezione di un video di Paola Cortellesi che nei panni di una venticinquenne di nome Marina mostra come a volte si possa cadere in un amore sbagliato, malato e come sia difficile riconoscerlo spesso accecate dal sentimento. Arriva però un messaggio importante: bisogna credere nell’amore, quello vero e non bisogna mai ritenersi sbagliate perché agire tempestivamente significa salvare la propria vita.
La dottoressa Masè ha improntato il suo intervento sull’importanza della rottura del silenzio perché «a poco servono manifestazioni, flash mob e scarpette rosse se non si comprende che l’unica soluzione è parlare». Dialogare dunque per trovare una soluzione, una collaborazione che non dev’essere soltanto tra donne ma nella quale l’uomo dev’essere coinvolto in prima persona.
Soltanto nel 2017 sono state uccise 147 donne e solamente il 10% delle donne ha avuto il coraggio di effettuare una denuncia. L’intervento si è poi concentrato sulle nuove leggi e sull’importanza di centri anti-violenza che aiutano le donne a capire che «l’amore deve far star bene, tenere al miglioramento dell’altro».
La dottoressa Gimigliano ha preso successivamente la parola, un intervento che ha mirato a sensibilizzare i ragazzi perché è dall’educazione che bisogna partire per cambiare la situazione attuale.
«Oggi la gente ti giudica, per quale immagine hai, vede soltanto le maschere e non sa nemmeno chi sei», le parole di Marco Mengoni hanno aperto un intervento ricco di spunti di riflessione all’interno del quale sono stai intervistati i diversi ragazzi che hanno partecipato all’incontro.
Gli alunni hanno mostrato non soltanto di essere particolarmente sensibili all’argomento ma di non sapere il perché della violenza, la rabbia è molto spesso un sentimento che si manifesta inconsapevolmente.
La psicologa si è soffermata sul fatto che l’educazione alla non violenza debba trovare le sue radici nella famiglia: «è necessario dedicare più tempo ai ragazzi, creare sempre più spazi di ascolto. L’ascolto viene sempre meno e c’è una frettolosità che ci sta diventando nemica e i ragazzi sono sempre più disorientati. I ragazzi urlano sempre di più il loro senso di solitudine. […] Gli adulti devono educarsi ad ascoltare i ragazzi e ad affiancarli in un momento di crescita. Più attenzione ai ragazzi perché dovranno rappresentarci in un futuro che speriamo sia un futuro migliore».
L’avvocato Caruso si è invece concentrata sulle diverse modalità di violenza perché per combatterla bisogna conoscerla. Non soltanto dunque una violenza fisica ma anche un’aggressione psicologica ed economica. Molte donne infatti, spiega l’avvocato, sono impaurite dall’incapacità di sopravvivere senza il marito, «la donna che subisce violenza ha il primo timore del non sapere dove andare […] ma la legislazione attuale lascia ad una donna una serie di possibilità. L’importante è che la donna denunci».
La giornata è stata accompagnata inoltre da una toccante coreografia preparata da A. B. C. e diretta da Marika Caruso e dalla lettura delle testimonianze di due donne del territorio che, attraverso una lettera in forma anonima, si sono sentite in dovere di dare il loro contributo.
Esse hanno rappresentato un supporto per tutte quelle persone che subiscono angherie ma non sono in grado di uscirne ed accettano con rassegnazione la propria condizione.
Le frasi recitate da Maria Teresa Anello e Barbara Galati hanno avuto la forza di mostrare non soltanto la tristezza e il senso di umiliazione che una donna può provare nel subire violenza ma la possibilità di rinascere, rinascere per se stesse e per le persone a cui teniamo perché:
«non tutti gli uomini sono così […] e non è giusto che una donna si colpevolizzi per un dolore non provocato da lei. Mi viene in mente uno slogan che vedo passare in tv “chi ti ama ti accarezza, non ti picchia”, se potessi tornare indietro non avrei dei rimpianti: quello di non aver denunciato, l’aver avuto paura e il non essermi fidata di nessuno. […]Vorrei ricordare ai ragazzi che sono oggi al convegno di non diventare mai aggressivi e ricordarsi che è grazie ad una donna che loro sono al mondo e sarà proprio quella donna a non voltargli mai le spalle […] una donna non può essere una proprietà […] e un uomo non può possedere un altro essere umano».
Concetta Galati