COSENZA – Magistrati pronti ad incrociare le braccia contro il governo italiano. A confermare la protesta la nota sottoscritta dai giudici onorari Marino Reda e Maria Barbara Cerminara, rispettivamente coordinatore e vice coordinatore regionale Federmot, nonché membro del Consiglio Giudiziario del distretto di Corte d’Appello di Catanzaro. I magistrati chiedono – si legge – «un atto tangibile di solidarietà, da parte del suddetto Consiglio dell’Ordine, da trasmettere al Ministro della Giustizia, ai Componenti della Commissione Giustizia di Camera e Senato ed ai Capi Gruppo dei Partiti politici in Parlamento, nei confronti di tutti quei magistrati onorari (Got, Gdp e Vpo) che prestano il proprio servizio con abnegazione, serietà, professionalità, competenza, e che lottano per il miglioramento del proprio status funzionalmente diretto in modo esclusivo a garantire con serenità i diritti altrui».
Sciopero programmato dal 21 al 25 novembre contro il Governo italiano che: «si conferma incapace di fronteggiare l’emergenza Giustizia e si sottrae pervicacemente all’invito formulato dalla Comunità internazionale a riformare il sistema giudiziario italiano; disapplica le pronunce della Corte di giustizia UE che censurano l’abuso dell’istituto del lavoro a tempo determinato e impongono il pagamento ai magistrati onorari delle ferie e della previdenza; vara una legge delega che attribuisce nuove competenze funzionali ai magistrati onorari omettendo tuttavia di emanare i decreti applicativi e di reperire i mezzi per la copertura dei relativi compensi, segnalando addirittura ai capi degli uffici che tali nuove attività debbano essere svolte a titolo gratuito, ossia negando anche l’erogazione delle irrisorie indennità previste a legislazione vigente. In tale scenario appare paradossale l’introduzione nel codice penale di una nuova disposizione rubricata “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” (art. 603-bis c.p.). A ben vedere tale opportuna norma penale fotografa una fattispecie largamente sovrapponibile con la condizione concreta in cui prestano la propria opera intellettuale i magistrati onorari».
«Non è questa – prosegue la nota – la Repubblica a cui pensavano i Padri costituenti quando immaginarono che ad amministrarne la funzione giudiziaria dovessero essere magistrati soggetti soltanto alla legge. Essi pensavano a leggi che nella Costituzione attingessero i superiori vincoli deontici da porre a riferimento di un sistema orientato alla tutela dell’eguaglianza e della democrazia».