COSENZA – Sono spesso guardati con disprezzo. Ladri, sporchi, delinquenti sono alcuni degli epiteti rivolti maggiormente ai rom che sono stati al centro della manifestazione dedicata alla comunità rom “Le politiche non inclusive per le comunità Rom: prospettive per il futuro” che si è tenuta presso il Teatro dell’Acquario. «Parliamo di rom, ma in generale dell’altro, perché l’altro in questo Governo non è ben visto», esordisce Fiore Manzo . «Da mezzo secolo non si fanno approfondimenti sul tema dei rom, le comunità romanì non sono povere né nomadi per cultura», dice Nazareno Guarnieri, presidente della Fondazione Romanì Italia che ha querelato il ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha proposto il censimento dei rom su base etnica. Vivono nei campi spesso in condizioni inumane, «campi che non rispondono solo ad una logica di business, ma anche ad una logica di produzione di forza lavoro pronta ad accettare la flessibilizzazione. A partire dalla scoperta del Nuovo Mondo, la razza è stata usata per costruire la propria identità di Occidente e per giustificare il dominio coloniale», argomenta la ricercatrice dell’Università della Calabria Mariafrancesca D’Agostino. Stregoni, delinquenti, vagabondi sono gli stereotipi più frequenti sui Rom. Come si creano gli stereotipi? «L’identità si costruisce attraverso le relazioni di socializzazione. Ad un certo punto nella costruzione dell’identità si manifesta il fenomeno della categorizzazione, un fenomeno naturale che ci consente di costruire noi e gli altri classificando le persone all’interno di categorie sociali. Classificare le persone in categorie porta a formulare giudizi che potrebbero non tenere conto delle reali caratteristiche delle persone dando vita al fenomeno del pregiudizio», dice la docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione Angela Costabile. Come viene analizzata la percezione sociale dei Rom? Al quesito risponde il docente dell’Università della Calabria Rocco Servidio che insieme ad un gruppo di studenti ha condotto una ricerca che ha coinvolto un campione di 71 persone (36 studenti e 35 impiegati del settore tecnico-amministrativo) chiamate a rispondere a questionari che combinavano quattro stimoli conduttori: cittadino, rom, italiano e zingaro. «I risultati ottenuti confermano che i partecipanti identificano la stessa categoria sociale in modi differenti: la categoria “zingari” è rappresentata in modo meno pregiudizievole rispetto alla categoria “rom” il cui contenuto è espresso in modo negativo». Ha radici storiche la romafobia: «Nell’epoca dell’Illuminismo i gipsy vengono descritti come il peggiore tipo di impostori le cui professioni sono la pigrizia, l’ubriachezza, il gioco e il furto. Il razzismo è prima di tutto un fenomeno di Stato perché le misure discriminatorie precedono il razzismo mediatico e popolare», conclude la ricercatrice Laura Corradi. Chi è lo straniero? «La categoria di straniero è intrinsecamente storica, in essa non vi è nulla di naturale. In momenti storici come quello attuale ricorre in termini trasformati lo scivolamento dalla categoria dello straniero in termini giuridici per arrivare al nemico. Una delle ragioni dello scivolamento- prosegue il docente di Filosofia dello spirito Fortunato Cacciatore- è la costituzione storica della cittadinanza europea che ha fatto sì che venissero tracciate le frontiere esterne». «In un mondo di barriere e di odio- afferma con convinzione il professore Claudio Dionesalvi- l’unico modo per battere l’odio è amare e conoscere».
Rita Pellicori