COSENZA – La grande sete affligge diversi comuni della provincia di Cosenza. Oltre a numerosi quartieri della città capoluogo, la carenza idrica si avverte in molte frazioni di Rende, a Mendicino ed in diversi centri urbani tra quelli servizi dall’Abatemarco. Le riserve di acqua sono al minimo, complice la siccità e la scarsa efficienza delle tubazioni. Negli ultimi anni sono mancati gli investimenti per rendere più efficiente il settore, contemporaneamente si sono raggiunte punte di evasione insostenibili che hanno messo in crisi l’intero sistema. Luigi Incarnato, commissario della Sorical non ha dubbi: «In Calabria il servizio idrico registra un’evasione del 50% con punte del 70%. Il consiglio regionale, la Regione e gli amministratori devono decidere se stare con gli abusi o con la gente onesta che paga regolarmente. La gestione del settore idropotabile regionale ha maturato crediti verso i Comuni per circa 500 milioni di euro. Erano 450 milioni prima della nascita di Sorical, erano 267 al fine 2013. Oggi ammontano a 170 milioni. E’ evidente che il mancato avvio del servizio idrico integrato con un unico soggetto gestore che incassa la tariffa direttamente dai cittadini, come avviene in tutta Italia, ha creato diseconomie che si riflettono sul servizio erogato dal cittadino e sui mancati investimenti sulle reti idriche comunali che rappresentano il “tallone d’Achille” del sistema. Oggi – aggiunge Incarnato – si immette più del doppio dell’acqua che serve nelle reti e il cittadino dovrebbe avere un dotazione più che doppia alle proprie necessità. Ma come è noto, alcune zone delle città e dei comuni registrano carenze, in altre gli sprechi sono enormi. In Puglia e Basilicata l’evasione è limitata rispettivamente al 5 e 8 % perché il soggetto gestore unico incassa dai cittadini e fattura ogni bimestre o trimestre rendendo i pagamenti sostenibili. La tariffa se incassata diventa bancabile e si possono fare gli investimenti. La Cassa per Mezzogiorno ha lasciato alla Regione un enorme patrimonio infrastrutturale che la Regione è chiamata a preservare. Dopo 40 anni occorre riprogrammare gli investimenti per garantire l’acqua per i prossimi anni. Dal 2010 inspiegabilmente sono stati fermati gli investimenti della Diga dell’Esaro e del Menta, infrastrutture che oggi ci servono per poter mitigare i cambiamenti climatici. Alla siccità – conclude Incarnato – bisogna rispondere con gli invasi e in Calabria vanno completati».