Liberty Heights di Barry Levinson, il cineappuntamento di “Falso Movimento”

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Domani, 1 Novembre, alle ore 21.00 presso Taetro Comunale di Rovito, e’ programmata la visione di Liberty Heights di Barry Levinson a cura del cineforum “Falso Movimento”.

1954. Liberty Heights è il quartiere ebraico di Baltimora, dove vive la famiglia Kurtzman; madre casalinga, padre impresario di spogliarelli e lotterie clandestine, il figlio maggiore studente universitario e il minore studente liceale. La Seconda guerra mondiale è finita da nove anni ma, nella potenza economica e militare che ha determinato la sconfitta del nazismo, sono affissi nei club cittadini cartelli che vietano l’ingresso agli ebrei, ai cani e ai negri.

È su questa forte contraddizione che Barry Levinson ha costruito il suo ultimo film, basato in gran parte su ricordi personali. Lo sguardo privilegiato di questa storia è quello di Ben, il figlio minore che adora Sinatra e che solo al liceo scopre che il mondo è abitato in maggioranza da “gentili”. Ben s’innamora di una compagna di classe nera, ma presto si accorge che in quell’America vi sono barriere, di ceto e di razza, insormontabili. Amori, amicizie, destini familiari scorrono piacevolmente, descritti con un tono da commedia percorso da piccole ma profonde venature di amaro. Un “come eravamo” che rivela l’anima nera e intollerante degli Stati Uniti, accompagnato da una colonna sonora che sfodera il meglio di quegli anni, da Sinatra a James Brown.

«Com’è noto Barry Levinson ha una filmografia cospicua ancorché discontinua in cui alterna film commerciali ad altri più personali. I primi servono di fatto a finanziare i secondi. Certi titoli sono davvero immemorabili, altri ce li ricordiamo, eccome! Ad esempio A cena con gli amici, Il migliore, Tin Men, Good Morning Vietnam, Avalon, Bugsy. La sua vena migliore e più autobiografica ispira Liberty Heights (1999), con quella sapiente mistura di ironia e lirismo, denuncia e nostalgia, che gli conferiscono il ritmo, il respiro e la fragranza che ritroviamo soltanto in certi romanzi di formazione della grande letteratura ebraico-americana». Ugo G. Caruso

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