REGGIO CALABRIA – Conduceva i suoi affari «in totale dipendenza delle scelte, alleanze ed interessi del clan Morabito di Africo a cui faceva riferimento» l’imprenditore Antonio Cuppari, attualmente ai domiciliari, al quale stamani la Guardia di Finanza ha confiscato beni per 217 milioni di euro. E’ quanto emerso nel corso delle indagini condotte nell’ambito del processo Metropolis e dell’operazione Mariage 2 che, secondo gli investigatori, confermano la natura mafiosa dell’impresa Rdv avviata da Cuppari nel 2006. Per gli investigatori, il clan Morabito «deteneva di fatto la sua golden share, ossia una quota occulta di potere decisionale e di controllo sull’investimento del sodale al cui servizio aveva messo a disposizione in momenti nevralgici della vita dell’impresa (dall’avvio, all’affermazione e crescita sul mercato) gli strumenti tipici di cui disponeva l’organizzazione criminale ossia la violenza, l’assoggettamento e l’omertà, ma anche il prestigio per concludere gli affari più facilmente derivante dalla forza intimidatoria». A Cuppari i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dello Scico di Roma hanno notificato anche la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per 3 anni. La confisca rappresenta l’epilogo di una indagine svolta in sinergia dal Nucleo di polizia tributaria-Gico di Reggio Calabria, dallo Scico e dal Gruppo di Locri, che avrebbe permesso di accertare un’ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato e il patrimonio direttamente o indirettamente a disposizione dell’imprenditore. L’imprenditore, arrestato con l’accusa di associazione mafiosa nel 2013, quest’anno è stato condannato a 10 anni di reclusione. Secondo l’accusa, Cuppari, «con la dote del vangelo e ruolo di partecipe del locale operante in Africo Nuovo» avrebbe fornito «un costante contributo all’operatività dell’associazione» nel commettere delitti «in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita, l’incolumità individuale, commercio di sostanze stupefacenti, estorsione, usure, furti, abusivo esercizio di attività finanziaria, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche». Inoltre avrebbe utilizzato i proventi delle attività delittuose commesse dall’associazione «per finanziare le attività economiche di cui gli associati intendevano assumere e/o mantenere il controllo» ossia «nella costituzione della società Rdv titolare del permesso a costruire per il complesso il Gioiello del Mare e per la costruzione del complesso stesso». Nel 2014 all’imprenditore erano stati sequestrati beni per 419 milioni euro. Stamani gli sono stati confiscati, tra l’altro, il capitale sociale ed il patrimonio aziendale delle società “La Rosa dei Venti”, “Rdv” e delle partecipate da quest’ultima “Veco costruzioni”, “F. & C.”, un immobile. L’amministrazione delle società sarà affidata all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.