‘ndrangheta e fondi Ue, a ex assessore mazzetta da 230 mila euro

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VIBO VALENTIA – Abuso d’ufficio, turbativa d’asta, corruzione e minaccia a pubblico ufficiale aggravata dal metodo mafioso. Sono questi i reati contestati a Nazareno Salerno, ex assessore al Lavoro e alle politiche sociali della regione Calabria e ora consigliere regionale di minoranza per Forza Italia, nell’ambito delle indagini della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro che hanno portato all’arresto questa mattina di nove persone, alcune delle quali legate al clan Mancuso di Limbadi. Le indagini hanno documentato infatti l’ingerenza mafiosa della potente cosca ‘ndranghetista nella gestione dei fondi della Comunità europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficoltà. L’attività ha accertato l’esistenza di un comitato d’affari che distraeva i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale “Credito sociale”, indirizzandoli su conti correnti di società private, anche all’estero. L’operazione ha interessato Calabria, Lazio, Toscana e Veneto, e ha previsto il sequestro di beni per un valore di circa 2 milioni di euro. Nel dettaglio, l’ex assessore regionale Salerno esercitava una pressione continua nei confronti di dirigenti del proprio assessorato, con l’obiettivo di imporre le sue scelte che gli avrebbero garantito ampia discrezionalità nella gestione del progetto “Credito sociale” e dei relativi fondi comunitari. Con la complicità di Vincenzo Caserta, all’epoca direttore generale reggente del dipartimento di riferimento dell’assessorato, e di Pasqualino Ruberto, ex presidente della fondazione Calabria Etica, aveva affidato la gestione economica e finanziaria del fondo, vale a dire l’attività di erogazione dei sussidi in questione, a un soggetto esterno, la società finanziaria Cooperfin Spa, di cui era amministratore delegato Ortenzio Marano, anche lui indagato. Gli accertamenti bancari svolti hanno consentito di tracciare il corrispettivo in denaro percepito da Salerno per l’esternalizzazione del servizio di erogazione dei mini-crediti: l’affidamento alla Cooperfin sarebbe avvenuto in cambio di una somma di circa 230mila euro. Le indagini hanno, inoltre, documentato le minacce organizzate dallo stesso Salerno nei confronti di un funzionario della Regione che si era opposto alle sue pretese. Su mandato dell’ex assessore, due pregiudicati vicini alla cosca Mancuso avevano minacciato il funzionario in un incontro all’interno di un vivaio, documentato dai carabinieri del Ros: dopo minacce, il dipendente regionale era stato costretto a desistere e a consentire lo svolgimento delle operazioni di gestione del progetto secondo i voleri di Salerno. La procedura per assegnare il servizio di esternalizzazione era stata quindi affidata a Vincenzo Caserta, dirigente regionale vicino a Salerno, che a sua volta aveva affidato la gestione dello strumento di ingegneria finanziaria alla fondazione Calabria Etica (in realtà priva di competenze e dei requisiti necessari per la gestione di uno strumento di microcredito). La fondazione, guidata da Pasqualino Ruberto, nel giro di appena 8 giorni aveva provveduto ad assegnare il servizio alla Cooperfin. Le verifiche bancarie della guardia di finanza hanno consentito di documentare come la finanziaria, sotto la guida del suo rappresentante legale Ortensio Marano, si fosse appropriata di ben 1,9 milioni di euro di fondi pubblici comunitari, tra cui somme che venivano versate su conti correnti di Salerno per un importo complessivo di 230 mila euro. I fonti residui, messi a disposizione dalla Regione, venivano gestiti da Cooperfin con versamenti su propri conti correnti intestati principalmente a una società partecipata (M&M management), per effettuare prestiti cambializzati. In più, i circa 800 mila euro ancora giacenti sul conto corrente dedicato, venivano ‘investiti’ in Svizzera, con la causale “progetto giubilare” intestata a una società su cui sono ancora in corso accertamenti. La procura ha confermato che tutte le operazioni erano svolte con consapevolezza della provenienza pubblica del denaro utilizzato. L’intero progetto criminoso si aggrava con l’intervento di chiara matrice intimidatoria di membri della famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso. Per questo “aiuto” la cosca ha ricevuto in cambio una serie indiscriminata di assunzioni nell’ente regionale Calabria Etica, tra cui figura un cognato dello stesso capo cosca Luigi Mancuso.

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