LAMEZIA TERME (CZ) – “Non ho preso parte all’omicidio di Nicholas Green insieme a Francesco Mesiano. Sono stato condannato ingiustamente e per tale fatto ho sempre detto a tutti i magistrati che si poteva invece sospettare di mio fratello. Non conosco nessun collaboratore di giustizia che ha scontato 20 anni di detenzione“.
A parlare nel maxi-processo Rinascita Scott contro i clan del Vibonese è il collaboratore di giustizia Michele Iannello, 53 anni, di Mileto, detenuto dal 31 ottobre 1994 e definitivamente condannato al carcere a vitaper l’omicidio del piccolo Nicholas Green, il bimbo americano ucciso da un colpo di pistola il 29 settembre del 1994 sull’A3.
“La Giustizia a me non ha regalato nulla e se non collaboravo forse uscivo prima dal carcere. Non sono stato io ad uccidere Nihcolas Green”. L’automobile sulla quale Nicholas stava viaggiando insieme ai genitori fu scambiata dai malviventi per quella di un gioielliere.
Iannello, che si è già accusato di altri fatti di sangue, è tornato a ribadire la sua estraneità rispetto all’omicidio del bimbo americano. Assolto in primo grado dal delitto Green, condannato in Appello e in Cassazione all’ergastolo, nel maggio 2010 la Suprema Corte ha rigettato anche il suo ricorso straordinario. Nel corso del processo Rinascita Scott ha invece confermato le accuse contro il clan Mancuso di Limbadi.