Operazione “Camaleonte”, truffa e autoriciclaggio, in manette tre persone (VIDEO)

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COSENZA – La Guardia di Finanza di Paola ha eseguito un’Ordinanza cautelare, personale e reale, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Paola – dr.ssa Rosamaria MESITI, su richiesta del Procuratore della Repubblica dr. Pierpaolo Bruni e del Sostituto dr.ssa Teresa Valeria Grieco, nei confronti di 3 persone, responsabili per aver costituito e organizzato una Associazione a delinquere composta da 17 soggetti, al fine di commettere reati contro il patrimonio. In particolare, l’associazione criminale, capeggiata da un pluripregiudicato, Iacovo Agostino, attribuiva fittiziamente la titolarità di società e aziende al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, evadere imposte, tasse e contributi e truffare soggetti terzi anche attraverso l’autoriciclaggio di somme di denaro. Al capo e promotore dell’Associazione, effettivo titolare dei beni e delle attività, Iacovo Agostino, già destinatario di precedente misura restrittiva, è stata applicata la  misura della custodia in carcere.

 

 

Per due stretti partecipi e organizzatori dell’associazione criminale, che curavano i rapporti tra i diversi soggetti, quelli bancari e la contabilità delle aziende, svolgendo anche la funzione di “prestanome”, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Il provvedimento cautelare è stato emesso dall’A.G. a seguito dello sviluppo delle indagini effettuate dalle Fiamme Gialle, successivamente all’esecuzione, in data 03 marzo 2017, di:

 

  • una prima misura cautelare personale, che aveva portato all’arresto di 3 persone (una custodia in carcere e due arresti domiciliari) ed all’applicazione dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per altri 11 indagati, sempre per intestazione fittizia di aziende;
  • un primo Decreto di sequestro preventivo di 12 società, complessi aziendali, beni e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo pari ad oltre 2 milioni di euro;
  • perquisizioni locali.

 

Il reato, previsto dall’art. 12 quinquies della Legge n. 356/1992, intende perseguire la fittizia attribuzione ad altri della titolarità di beni che potrebbero essere oggetto di sequestro e confisca. Il soggetto effettivo titolare, al fine di evitare il sequestro dei beni illecitamente acquisiti, “scherma” l’investimento patrimoniale e ne attribuisce fittiziamente la titolarità formale dello stesso ad un terzo soggetto, c.d.  “prestanome”. Nelle attività imprenditoriali spesso ciò avviene con l’assunzione della qualità di socio occulto di società  e la presenza di soci e imprenditori “fittizi” o “prestanome”, il tutto al fine di agevolare una successiva circolazione dei beni nel tessuto finanziario, economico e produttivo ed evitare che l’emergere della illecita ricchezza consenta l’applicazione di misure patrimoniali e quindi il sequestro e la confisca dei beni.In questa seconda fase delle investigazioni sono state accertate anche condotte di autoriciclaggio, commesse da due degli odierni arrestati, per importi superiori a 100.000 euro, profitto dei reati di intestazione fittizia.La predetta somma è stata autoriciclata, attraverso una serie di movimentazioni finanziarie confluite nei conti correnti di altre società, sempre intestate a prestanome e di proprietà di Iacovo Agostino. Per tali motivi, su disposizione del G.I.P presso il Tribunale di Paola, sono state ulteriormente sottoposte a sequestro: le quote sociali di n. 2 societàcomplessi aziendali, beni immobili, mobili, autovetture e disponibilità finanziarie riferiti alle suddette persone giuridiche, beni e disponibilità finanziarie riconducibili alle persone indagate, per un valore complessivo pari ad circa 1 milioni di euro.

Le indagini effettuate dalle Fiamme Gialle, comprensive della prima e della seconda fase, hanno consentito di ricostruire la storia societaria e finanziaria di n. 14 imprese attive nei seguenti settori: Supermercati, Abbigliamento e Pubblicità, tutte riconducibili al “dominus” – di fatto di proprietario e gestore, attraverso compiacenti prestanome legati da vincoli di parentela, di amicizia e pregressi rapporti di lavoro. Le attività commerciali venivano avviate ed operavano di fatto per uno o due anni, durante i quali però contraevano ingenti debiti nei confronti di fornitori e, soprattutto, dell’Erario, per poi essere abbandonate, poste in liquidazione o dichiarate fallite. I complessi aziendali, quindi, venivano ceduti ad altri soggetti economici di nuova costituzione, sempre riconducibili all‘effettivo titolare, attraverso i prestanome. Il notevole flusso di denaro generato  – soprattutto contante – serviva per finanziare la “catena delle diverse attività”, producendo ulteriore ricchezza “illecita”, condizionante il  tessuto finanziario, economico e produttivo.Complessivamente, al termine delle indagini, dirette e coordinate da un gruppo di lavoro composto da Pubblici Ministeri che lavorano anche per il contrasto agli illeciti arricchimenti patrimoniali, sinergicamente ad altri gruppi che si occupano rispettivamente di reati contro la Pubblica Amministrazione ed in materia Ambientale, sono state applicate 17 misure cautelari personali e  disposti sequestri preventivi nei confronti degli indagati, aventi ad oggetto 14 società, complessi aziendali, beni immobili, mobili registrati e disponibilità finanziarie per oltre 3 milioni di euro.

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