VIBO VALENTIA – La Polizia di Reggio Calabria ha localizzato e catturato, nell’agro di Monterosso Calabro (provincia di Vibo Valentia) il pericoloso latitante della ‘ndrangheta calabrese Giuseppe Alvaro, alias “Peppazzo”, considerato ai vertici della cosca Avaro, soprannominata “Carni i cani”, attiva a Sinopoli con proiezioni nel Lazio e all’estero. Era il latitante più longevo della Piana di Gioia Tauro: infatti era stato colpito a febbraio del 2009 da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, contestati nell’ambito dell’operazione Virus, condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria. Il ricercato è stato catturato al termine di prolungati servizi di osservazione svolti in un’ampia zona rurale. Al momento dell’irruzione eseguita in un frantoio, Alvaro ha tentato la fuga lanciandosi da una finestra, ma poco dopo è stato raggiunto dagli agenti che lo ha bloccato e ammanettato. Dopo le rocambolesche fasi della cattura, l’arrestato è stato trasportato all’ospedale di Vibo Valentia per essere sottoposto a un intervento chirurgico, poiché, cercando di fuggire dal frantoio, ha riportato la frattura scomposta della caviglia.
Il provvedimento restrittivo racchiude i risultati acquisiti durante l’attività investigativa, che aveva svolto la Squadra Mobile di Reggio Calabria per la cattura di Carmine Alvaro, 63 anni, padre dell’arrestato, rimasto latitante dal 9 giugno 2003 al 18 luglio 2005, condannato dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 18 novembre 2002, per associazione mafiosa, come promotore, organizzatore e capo dell’omonima famiglia mafiosa. In questo contesto era emerso un ruolo di assoluto rilievo di Giuseppe Alvaro nell’organigramma della cosca. I vari accoliti, infatti, non esitavano a eseguire puntualmente e immediatamente le direttive da lui impartite anche, perché, probabilmente, ne riconoscevano il ruolo di portavoce del padre boss. Gli incontri con il padre, dunque, non erano semplici incontri tra padre e figlio, ma vere e proprie riunioni per stabilire le attività illecite della cosca e per ricevere le direttive del boss latitante.
Giuseppe Alvaro era ricercato sin dall’inizio della propria latitanza, da quando si era sottratto alla cattura insieme al cugino Paolo Alvaro, 51 anni, originario di Sinopoli, catturato il 20 novembre 2015 a Melicuccà da militari dell’Arma dei carabinieri. A suo carico diversi precedenti penali e di polizia per associazione mafiosa, ricettazione, furto, rapina, truffa, riciclaggio, violazioni della legge sulle armi, favoreggiamento personale e procurata inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. In relazione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la quale Alvaro risultava ricercato, il 7 aprile 2010, è stato condannato, al termine di un processo con rito abbreviato, alla pena di otto anni di reclusione ed euro 8mila di multa dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria. La sentenza di condanna è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria il 20 aprile 2010.