COSENZA – Aspettare invano un’ambulanza per trenta interminabili minuti mentre tuo marito lentamente si spegne sotto gli occhi di un medico che non è in grado neppure di praticare il massaggio cardiaco. Nella terremotata sanità calabrese, quella dei ginecologi sotto inchiesta a Reggio Calabria o dei dirigenti medici dell’Asp di Rossano che andavano a spasso sul lungomare durante l’orario di lavoro, può succedere anche questo. La storia viene raccontata su Italia 1 da Nina, l’inviata delle Iene. Si tratta della drammatica ricostruzione della morte di Andrea Gangale, un impiegato delle poste residente a Firmo, nell’entroterra cosentino, con problemi di pressione alta per i quali assume un farmaco specifico. E che una sera, quella dell’otto gennaio scorso, rientrando a casa, avverte un forte dolore allo stomaco, intenso ed accompagnato da evidente pallore e sudorazione, tanto da indurre la moglie a chiamare la guardia medica. Il dottore arriva da Lungro nel giro di pochi minuti e si limita a somministrare un gastro protettivo, ritenendo superfluo procedere ad una visita più approfondita. Di conseguenza né ausculta il battito cardiaco, né misura la pressione. Una leggerezza che si rivelerà fatale perché, poco dopo, Andrea accusa un malore, si accascia al suolo, perde i sensi. La moglie Francesca allerta il 118, ma l’ambulanza disponibile più vicina parte da Tarsia e non può arrivare prima di una mezz’ora. Nel frattempo Francesca ha anche la prontezza di avvertire un cognato. Il congiunto ha seguito un corso aziendale di pronto intervento ed inizia a praticare il massaggio cardiaco e la respirazione artificiale. Intanto sul posto arrivano un altro parente e, nuovamente, il medico di guardia. E qui la vicenda diventa, se possibile, addirittura grottesca, perché mentre Francesca assiste sconvolta alla scena, il dottore rimane a guardare mentre i cognati del povero Andrea tentano una disperata rianimazione. Quando l’ambulanza arriva è ormai troppo tardi. Andrea è deceduto, mentre rimangono sospesi alcuni interrogativi. Il più inquietante riguarda la prima visita del medico di guardia. Se avesse operato con maggiore diligenza questa tragedia poteva essere evitata? Ma ci sono altre considerazioni che affiorano, per esempio sulla dotazione nella sede delle guardie mediche di almeno un defibrillatore. A fare chiarezza ci penserà la magistratura, a cui Francesca si è rivolta. Portandosi dentro il rimpianto di non aver portato lei stessa il marito nel più vicino ospedale ai primi sintomi di malessere.