VIBO VALENTIA – La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Vibo Valentia ha effettuato una serie di controlli nei confronti di strutture turistiche ricettive, individuando, tra l’altro, anche strutture “alternative” ad hotel ed alberghi, che non rispettavano la normativa prevista per la gestione e l’offerta dei servizi forniti. In particolare, l’attenzione è stata concentrata sulla fascia costiera, dove ogni anno viene registrato un elevato numero di presenze turistiche, soprattutto nei mesi estivi. A seguito di attività info investigativa è emerso che una parte di turisti affluiva sul territorio vibonese utilizzando, per i propri pernottamenti, strutture ricettive, cosiddette bed and breakfast o case vacanze, operanti senza le autorizzazioni previste dalla Legge Regionale Calabria n. 2 del 26 febbraio 2003. I controlli sono stati mirati a verificare l’osservanza di obblighi imposti in materia di pubblica sicurezza, di entrate degli Enti Locali e di fiscalità generale. Sotto il primo profilo in diversi casi, sono emerse violazioni compiute dai gestori delle strutture ricettive, che, non provvedendo ad effettuare le previste comunicazioni di Pubblica Sicurezza imposte dal Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, si sono resi responsabili anche di condotte penalmente rilevanti, oggetto di informativa all’Autorità Giudiziaria. Sotto il profilo della fiscalità locale sono state scoperte anche due strutture, che, sebbene, ampiamente pubblicizzate su siti internet specializzati, operavano senza alcuna autorizzazione dei Comuni e riscontrati numerosi casi di omesso versamento della tassa di soggiorno introdotta dai Regolamenti degli Enti nel cui territorio insistono le strutture ricettive controllate per oltre 3.500 euro, con la contestazione, altresì, delle relative sanzioni amministrative. I controlli effettuati nei confronti di alcune strutture turistiche sono stati estesi anche alla verifica dell’assolvimento degli obblighi in materia di Imposte dirette ed Iva, con il recupero a tassazione di una base imponibile di oltre 550.000 Euro, di IVA evasa per circa 160.000 Euro e la scoperta di una frode fiscale realizzata attraverso l’utilizzazione di false fatture finalizzate a documentare costi fittizi per abbattere il reddito da sottoporre a tassazione