A.dolf H.itler, il cancro con la mosca sotto il naso

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A.H., foto di Angelo Maggio
A.H., foto di Angelo Maggio

COSENZA – Un’altra settimana, un altro venerdì alternativo in compagnia del More; secondo atto, quarto spettacolo e platea piena in attesa di assistere ad “A.H.” lo spettacolo del visionario Antonio Latella portato in scena da Francesco Manetti.

A.H sta per Adolf Hitler, il cancro degli ebrei, della Germania che ha seguito i suoi sadici principi, dell’Europa tutta; un cancro con il baffo sotto il naso che è riuscito ad incutere terrore, a macchiare le sue mani, anzi no, forse è meglio dire a riempire le sue vene di sangue fuoriuscito da corpi altrui, corpi martoriati, mutilati, alienati, privati di quell’identità che ti rende uomo. Numeri, pigiami a righe, uomini ormai cadaveri che si trascinano nei campi di concentramento, corpi diventati cose su cui sperimentare e riversare la propria smania di potere, dominio, controllo.

A.H. si è reso protagonista assoluto di crimini efferati e con la sua loquacità è riuscito ad aprirsi un varco profondo nei cuori di milioni di persone, individui che hanno ceduto alla persuasione e hanno deciso di indossare la “mosca sotto il naso” per compiacere il proprio führer, uomini immondi che si sono messi al servizio del male rendendosi complici di un genocidio studiato a tavolino per soddisfare la brama di potere di cui molti diventano schiavi.

Lo spettacolo ha assestato un duro colpo agli spettatori, momenti di tragicità e forte impatto emotivo hanno sbattuto in faccia la cruda realtà che, da sempre, ci siamo limitati a conoscere sfogliando i libri di storia in cui, però, si raccontano solo fatti senza riuscire a rendere tangibili il dolore, l’orrore, la morte.

Per mettere in scena A.H. non servono copioni, non servono battute da ricordare a memoria, basta il corpo, le sue spasmodiche contrazioni, il suo movimento per “disegnare” la relazione dell’uomo con il male e le sue infinitesimali declinazioni.

Antonio Latella e Francesco Manetti hanno dimostrato quanto la parola, a volte, sia sopravvalutata e superflua e quanto, invece, il linguaggio del corpo e il movimento scenico possano toccare corde intime senza dispendersi come un soffio d’aria. Il corpo diventa dunque l’unico mezzo sincero per portare in scena la tragedia di un popolo oltraggiato, denudato, calpestato.

La parola non serve per narrare il vero, la parola è menzogna perché va ad intaccare ciò che di reale si è detto o fatto, il verbo è menzogna così come lo sono state tutte le parole di Hitler, fandonie ripetute così frequentemente che alla fine sono state considerate unica e sola verità possibile. La parola con Hitler si è trasformata in un’arma di distruzione di massa, con il semplice utilizzo del verbo è riuscito a circuire l’intera Germania rendendola complice di uno sterminio disdicevole.

Il corpo racconta, la parola mente e attraverso lo spettacolo Antonio Latella e Francesco Manetti ce lo insegnano.

 

Annabella Muraca

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