A Mendicino “Come un granello di sabbia”, la storia dolente di Giuseppe Gulotta

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MENDICINO (CS) – È come se la vita andasse avanti senza di te. Certe storie sono troppo ruvide. Si raccontano senza retorica e fanno breccia. Sì, si insinuano e non vanno più via come una cicatrice sulla pelle. È il caso di “Come un granello di sabbia” di Mana Chuma Teatro, il terzo spettacolo del circuito Diteca nord andato in scena al teatro comunale di Mendicino. Giuseppe Gulotta è un’anima semplice, un muratore 18enne che ama il mare e non beve vino. Una vita normale destinata bruscamente a cambiare quando una sera viene prelevato a casa da due carabinieri e portato in caserma accusato dell’omicidio dei carabinieri Carmine Apuzzo e Giuseppe Falsetta. Salvatore Arena sale sul palco, e con vibrante intensità porta in scena Giuseppe e la vicenda giudiziaria di cui è protagonista. Incredibile, vergognosa e maledettamente vera. Nel torbido buio germogliano e si intrecciano le radici e i giochi di potere tra uomini di Stato, mafia e il marcio che ci circonda. Poche cose si capiscono e si vedono nella loro nitidezza: una vita spezzata a 18 anni, lividi sul corpo e nell’anima. Perché Giuseppe viene picchiato: calci e pugni per ottenere una confessione. Una tortura infima e agghiacciante per far dire ciò che non si è commesso e far venir fuori ciò che non si è. «Ve lo giuro, sono stato io. Basta che la smettiate» e una firma su quel verbale che è un vangelo. Il falso, i depistaggi, i silenzi della magistratura. Come un granello di sabbia in un meccanismo sadico, come un veleno che si beve goccia a goccia. La musica dei Luigi Polimeni e le luci di Stefano Barbagallo contribuiscono alla riuscita dello spettacolo. Giuseppe ci attira e ci trascina nella sua storia, trova nel pubblico qualcuno che è realmente disposto ad ascoltarlo. Racconta, si alterna a voci secondarie ma necessarie: il vicequestore, i genitori, la sorella, la moglie. Ogni voce trova spazio in una scenografia semplice e opprimente. «Passano e spassano i testimoni del processo, i carabinieri di quella notte. Alcuni negano, altri non ricordano. Alcuni non parlano, altri parlano quando non sono ascoltati. È il 13 febbraio del 2012 e mastico l’aria dello Stretto. Sono passati 36 anni, mastico aria e aspetto. Sarà come imparare a camminare».

Rita Pellicori

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