COSENZA – La neve non è riuscita a scoraggiare coloro che hanno preso parte ieri alla proiezione di “Io sto con la sposa” al Centro polifunzionale dell’Auser. Gremita infatti la sala che ha accolto uno dei registi, Gabriele Del Grande, attenuando così le temperature invernali.
Ma cosa ha spinto tante persone a rinunciare al tepore delle proprie case? Da un lato la curiosità di vedere un film presentato alla 71ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia (fuori concorso nella Sezione Orizzonti), dall’altro la particolarità di essere presenti ad un’anteprima, che è anche evento unico se si considera che non è in proiezione nelle sale cinematografiche cittadine. Ma la molla principale è scattata per quello che questo documentario rappresenta.
“Io sto con la sposa” è uno dei prodotti più discussi del panorama cinematografico degli ultimi mesi e la curiosa peculiarità risiede nella sua capacità di coinvolgimento. Più di 2600 infatti le persone che, attraverso un’accurata campagna di crowdfunding, hanno contribuito economicamente alla sua realizzazione, rendendo possibile un sogno nato intorno al tavolino di un bar.
Non ci sono nomi altisonanti, non ci sono coinvolgenti effetti speciali. La forza sta tutta nella storia e nel coraggio dei protagonisti. Ventitrè persone tra italiani, palestinesi e siriani che affrontano enormi rischi per spostare l’accento nella definizione di frontiera. E l’attenzione del pubblico ne è la palese dimostrazione. Il viaggio che si snoda nei 90 minuti di pellicola diventa il viaggio degli spettatori, le incertezze dei viaggiatori le loro preoccupazioni, i traguardi raggiunti la loro soddisfazione. Come dice lo stesso Del Grande i protagonisti sono degli eroi e in quanto tali raccolgono tutte le simpatie e le emozioni del pubblico, si parteggia per loro e per la riuscita della loro impresa.
Un’empatia che diventa ancora più profonda se si pensa che le peripezie narrate sono esperienze di vita vissuta, che i dolori raccontati sono tragedie realmente verificatesi. L’orrore della guerra, la mancanza di rispetto per la vita e la dignità umana, le sofferenze dell’immigrazione, la lontananza da casa e dagli affetti rivivono nelle parole, negli sguardi, nelle lacrime, nei ricordi.
Un’empatia che fa dimenticare anche la trasgressione e l’illegalità che accompagnano questo progetto di disobbedienza civile. Se infatti l’idea di far viaggiare un corteo nuziale è frutto di uno stratagemma fittizio e scenografico, tale non si può dire per la condizione dei viaggiatori che attraversano i confini di Italia, Francia, Lussemburgo, Germania, Danimarca, Svezia, senza averne formalmente il diritto, perché senza passaporto. È il coraggio e la determinazione di chi non si arrende, di chi aspira ad una prospettiva di vita migliore, di chi avverte forte la dissonanza tra la legge dello Stato e la legge della propria coscienza, di chi porta nel cuore lo scempio della guerra e non può rimanere indifferente.
Alla fine della proiezione sono state simbolicamente accese delle candele e in un minuto di silenzio si sono volute ricordare tutte le vite che il Mediterraneo ha strappato, tutti coloro che sono morti prima di approdare inseguendo una speranza.
Anche questo è un modo per fare memoria.
Mariacristiana Guglielmelli