PADOVA – «Non possiamo non fare i conti con il Sessantotto che sull’educazione ha avuto rilevanti conseguenze. Non a caso le ragioni della contestazione erano partite proprio dalle scuole e dalle università per ampliare i diritti». È quanto ha evidenziato Mario Caligiuri dell’Università della Calabria nella sua relazione al convegno internazionale “Il Sessantotto: passioni, ragioni, illusioni. Che cosa ha insegnato il ‘68? Che cosa abbiamo insegnato dopo il ‘68?” che si è svolto a Padova su iniziativa del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata diretto da Vincenzo Milanesi e dal Centro Italiano di Ricerca Pedagogica presieduto da Carla Xodo, responsabile scientifica del convegno.
«A livello educativo bisogna fare i conti con il ’68»
Caligiuri è intervenuto alla tavola rotonda “Un sistema formativo di qualità: modelli per il nostro tempo”, coordinata da Paolo Federighi (Università di Firenze) e che ha visto tra gli altri relatori Marina De Rossi (Università di Padova), Giuliana Sandrone (Università di Bergamo), Loredana Perla (Università di Catania) e Chiara Biasin (Università di Padova). Caligiuri ha messo in rilievo che «il sistema educativo oggi più che mai deve avere un’idea di futuro per fare ripartire l’ascensore sociale. Pertanto sarebbe decisivo porre i temi della pedagogia al centro del dibattito politico, scientifico e culturale». Ha quindi evidenziato che «il confronto con le tecnologie e l’intelligenza artificiale richiede che vengano presto individuate le professioni maggiormente necessarie per il progresso della società».
Pedagogia come punto d’incontro
Ha poi rilevato che «più aumentano le tecnologie e più diventa decisivo il fattore umano: pertanto un sistema educativo di qualità innanzi tutto ha necessità di formare e selezionare buoni insegnanti per le scuole e le università». In conclusione Caligiuri ha evidenziato la necessità che la pedagogia rappresenti un punto di incontro delle scienze umane.